VIDEO | L’1 febbraio attesi sei collaboratori di giustizia crotonesi, uno sidernese e uno siciliano. Il 3 febbraio, invece, toccherà a Pino Scriva
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Sarà Luigi Bonaventura (in foto), ex pezzo da novanta del clan Vrenna-Bonaventura di Crotone, il primo dei collaboratori di giustizia chiamati a deporre nel maxiprocesso Rinascita Scott come testimoni della pubblica accusa. Dissociatosi dalla ‘ndrangheta nel 2007, Bonaventura – che assieme ad altri sette pentiti deporrà all’udienza dell’1 febbraio – è stato colui che in maniera più efficace di altri, nel contesto delle indagini che hanno condotto al colossale procedimento inaugurato nell’aula bunker di Lamezia Terme, ha delineato la figura del «Crimine». Spiegava in un interrogatorio del 13 novembre 2018: «Il “Crimine” non è un capo in assoluto ma è una persona anziana, saggia, soggetto che gode di rispetto da parte degli altri locali di 'ndrangheta, che custodisce le regole comuni e dirime le controversie tra le famiglie». E, secondo la Procura antimafia di Catanzaro, il «Crimine» della provincia di Vibo Valentia, figura cardine di Rinascita Scott, è Luigi Mancuso.
A seguire Cortese e Costa
Dopo Luigi Bonaventura (qui la nostra video-intervista esclusiva) toccherà ad Angelo Salvatore Cortese, altro ex uomo d’azione e pentito eccellente della ’ndrangheta crotonese. Nelle indagini di Rinascita, l’ex fiduciario del superboss di Cutro Nicolino Grande Aracri è stato prezioso nello spiegare la gestazione e la funzione delle «Province», intese come entità criminali intermedie tra il Crimine e le locali di ‘ndrangheta. A seguire, il collaboratore sidernese Giuseppe Costa, già vertice dell’omonimo clan perdente nella faida con i Commisso, il quale ha spiegato, tra l’altro, l’evoluzione, in chiave storica, delle doti di ‘ndrangheta, dal Vangelo fino al Crimine e alla Mamma, passando per il Trequartino, il Quartino ed il Padrino.
La gola profonda siciliana
Quarto collaboratore in agenda per l’udienza dell’1 febbraio è Giuseppe “Pippo” Di Giacomo. In passato figura di spicco del clan dei Laudani di Catania, già federati ai Santapaola, sarà il primo dei collaboratori siciliani ad essere esaminati al maxiprocesso. Nel corso delle indagini, Di Giacomo ha raccontato al pool di Nicola Gratteri del prestigio mafioso di cui godeva, appunto, Luigi Mancuso, che con Pino Piromalli e Nino Pesce, «era uno dei “tre punti della stella”».
Da Marino a Oliverio
Terminato questo esame, si tornerà ad un altro collaboratore crotonese, ovvero Vincenzo Marino, ex armiere dei Vrenna e uomo di fiducia (in foto), appunto, di Luigi Bonaventura, che ha spiegato in particolare dei suoi rapporti con una delle più temibili cosche del vibonese, ovvero quella dei Bonavota di Sant’Onofrio. A seguire, quindi, l’ex capo locale di Belvedere Spinello, Francesco Oliverio, che ha spiegato – tra l’altro – l’organizzazione unitaria della ‘ndrangheta, quindi i rapporti dei diversi Crimini e con le ’ndrine, delle quali offre una esaustiva, rappresentazione strutturale ed evolutiva.
Poi Sestito, infine Vrenna
Penultimo in rassegna, Antonio Sestito, anch’egli crotonese, pentito storico, che ha delineato, nelle indagini, il concetto di «Camera di controllo», ovvero di «un livello superiore alle singole locali di ‘ndrangheta in raccordo con il Crimine di Polsi». Lo stesso Sestito, anche in altri procedimenti, ha ricostruito il ruolo ed il profilo criminale oltre che di Luigi Mancuso, anche di Rosario Fiarè, potentissimo boss di San Gregorio d’Ippona. Chiuderà la prima udienza dedicata all’escussione dei collaboratori di giustizia, Pino Vrenna, ex boss crotonese, erede del blasonato Luigi ’u Zirru, che ha spiegato la dinamica dei rapporti tra il Crimine reggino e gli altri Crimini calabresi.
Il 3 febbraio Pino Scriva
L’udienza del 2 febbraio, invece, sarà dedicata all’esame di alcuni operatori di polizia giudiziaria, mentre il giorno successivo torneranno in rassegna i collaboratori di giustizia. Il primo è il più recente tra i pentiti vibonesi, ovvero Salvatore Schiavone, di Laureana di Borrello, che si è dissociato dalla ‘ndrangheta da circa un anno, dopo un arresto, avvenuto nel 2018, per una vicenda di riciclaggio di mezzi rubati. Subito dopo toccherà ad un vero e proprio big del pentitismo calabrese, il quasi leggendario e controverso Pino Scriva (in foto), che fu tra i primi ad accusare i mammasantissima del Vibonese negli storici processi che si celebrarono a partire dagli anni ’80 nel Reggino. Sarà certamente un esame più lungo, per questo l’udienza si limiterà all’esame di tre collaboratori: l’ultimo tra questi è un altro pentito storico, Pasquale Tripodoro, che nel corso delle indagini preliminari ha spiegato in particolare del riconoscimento formale delle locali di ‘ndrangheta fuori dalla Provincia di Reggio Calabria.