Le nuove rivelazioni del collaboratore di giustizia Gaetano Cannatà depositate dalla Dda di Catanzaro nel maxiprocesso
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Raccolta dei rifiuti a Vibo, ditte e ingerenze mafiose. Un “capitolo” tutto da scrivere per la Dda di Catanzaro ma già a buon punto grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che raccontano come i clan abbiano da tempo puntato gli occhi su alcune società attive nel settore. L’ultimo in tal senso è Gaetano Cannatà, 47 anni, arrestato nell’operazione Rinascita-Scott e che da qualche mese ha deciso di “saltare il fosso” raccontando quanto a sua conoscenza sull’attività della cosca Lo Bianco-Barba di Vibo Valentia e non solo. L’ultimo verbale porta la data dell’1 dicembre scorso ed è stato depositato ieri dal pm della Dda, Antonio De Bernardo, e per molti aspetti conferma quanto aveva dichiarato sull’argomento il collaboratore Andrea Mantella che, al pari di Cannatà, aveva parlato di un controllo delle cosche nel settore della raccolta dei rifiuti a Vibo.
Le parole di Cannatà
“Per quanto riguarda le assunzioni nelle ditte che si occupavano della raccolta dei rifiuti – ha dichiarato Cannatà – ricordo che negli anni 2000 a Vibo Valentia c’era la società Proserpina. Le assunzioni all’interno della società erano gestite dalla famiglia Lo Bianco-Barba, per come ho appreso direttamente da Giuseppe Barba, fratello di Vincenzo “Il Musichiere”. Premetto che anche io sono stato assunto nella Proserpina per circa sei mesi con un contratto a termine per la pulizia delle spiagge nel periodo estivo, dopo di che il contratto è scaduto.
Ricordo che, anche in epoca antecedente, Pino Barba era stato assunto all’interno di tale società prima come guardiano e poi come manutentore dei mezzi – si occupava del rifornimento – proprio in virtù dell’influenza della sua famiglia nelle assunzioni in questo settore. Alla scadenza del mio contratto, avendo bisogno di lavorare ed essendo notorio che fossero i Lo Bianco-Barba a decidere le assunzioni, mi rivolsi – spiega Cannatà – direttamente ed esplicitamente a Giuseppe Barba, che mi confermò espressamente che sia la sua famiglia che i Lo Bianco si occupavano delle assunzioni, aggiungendo tuttavia che in quel momento non poteva favorirmi perché l’azienda era in grosse difficoltà finanziarie. In effetti di lì a poco la Proserpina andò in dissesto e lasciò l’appalto a Vibo Valentia. Non so dire – conclude il collaboratore di giustizia – se questa situazione si è protratta anche in un periodo successivo con le aziende che hanno preso il posto della Proserpina, perché io poi ho cercato altre strade lavorative e mi sono trasferito a Milano”.
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