Quella della ripartenza, ennesima, dei lavori del palazzo di Giustizia a Reggio Calabria, è stata l’occasione per fare il punto con il procuratore facente funzioni di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo che sulle «condizioni» in cui è costretta a lavorare la magistratura reggina non ha usato giri di parole.

Annunci e passerelle a parte, quali sono le attuali condizioni di lavoro in cui la magistratura opera all'interno dei locali del Cedir? «Rispondo ringraziando tutti i magistrati che quotidianamente lavorano in quegli uffici, tanto i pubblici ministeri quanto i giudici, perché portano avanti un compito difficilissimo in ambienti inadeguati e spesso facendo i conti con carenze di organico, che a mio modo di vedere sono gravissime per una città e una realtà come quella di Reggio Calabria. Il ringraziamento va esteso anche al personale amministrativo e alle forze di polizia che, in un territorio con organici assolutamente inadeguati, lavorano ogni giorno per contrastare il più grave fenomeno criminale a livello mondiale, che è la ’Ndrangheta».

E il palazzo di Giustizia può essere la soluzione? «Da qui bisogna partire per dotare la città di spazi adeguati all’esercizio della giurisdizione. Penso – e voglio dire – che in tempi rapidi quest’opera si possa completare. L’obiettivo deve essere questo, perché una città come Reggio Calabria non può amministrare la giustizia negli spazi attualmente messi a disposizione».

Ed è questo anche il momento più caldo sul tema della riforma della giustizia. Un tema sul quale il procuratore ha già espresso la necessita di un dialogo. «Io ritengo che con l’autorità governativa e con il legislatore bisogna dialogare e collaborare. Ovviamente abbiamo compiti diversi, è inutile dirlo. Le modifiche normative, che io ritengo eccessivamente frequenti, creano una forma di destabilizzazione nel quadro delle regole da applicare. Però il confronto è assolutamente necessario, così come la collaborazione.

I nostri ruoli sono diversi: i magistrati devono essere liberi di interpretare e applicare la legge. Ovviamente quelle regole non le fissiamo noi; se le autorità governative e parlamentari hanno necessità di interloquire con la magistratura, io penso che questa debba essere pronta a farlo. Il contributo che noi possiamo dare è importante».

Centonovantadue tra ex magistrati in pensione e giuristi hanno firmato un documento per sostenere la battaglia per la riforma della giustizia, in particolare sulla separazione delle carriere. Hanno parlato di un governo che sta tenendo una linea quasi sovranista. E ci sono state posizioni dure, anche a Reggio Calabria, da parte del Governo, incluso quello regionale, su quello che può essere definito un “braccio di ferro” sulla riforma della giustizia. La politica sta aprendo al dialogo con la magistratura?

«Non è mio compito analizzare questo tipo di approccio. Ci siamo già espressi – anche io l’ho fatto – nel corso di un incontro organizzato dall’Associazione Nazionale Magistrati. Quello che segnalavo è un piano di confronto diverso, cioè confrontarsi sui problemi che realtà come Reggio Calabria e non solo vivono quotidianamente. Ritengo inoltre necessario approfondire la conoscenza di determinati fenomeni per trovare strumenti di contrasto sempre più efficaci e avanzati».