Si fa presto a dire “mi ricandido”. Al netto del veto del suo partito, dei Cinquestelle con la puzza sotto al naso, dei consiglieri regionali che l’hanno mollato e delle inchieste giudiziarie ancora aperte, c’è una grana ben più grossa sulla strada dell’Oliverio reloaded: l’approvazione del bilancio regionale entro la fine dell’anno. Una strada ripida, con una salita resa proibitiva dal giudizio di parificazione del bilancio dello scorso anno, quello del 2018, emesso oggi dalla Corte dei conti.
I giudici contabili, dopo aver assestato bacchettate a tutto spiano sulla spesa fuori controllo, sui debiti «nascosti sotto al tappeto» (parole loro), sui costi abnormi del personale (circa 400 milioni di euro tra ente Regione e partecipate) hanno dato il via libera al bilancio dello scorso anno, ma con una riserva che ora pesa come un macigno sul prossimo consuntivo contabile: l’obbligo di incrementare «in misura adeguata» il fondo crediti di dubbia esigibilità, con particolare riferimento ai debiti dei Comuni per la gestione dei rifiuti e del servizio idrico.

Voci "attive" ma non troppo

In altre parole, la Corte dei conti ha riscontrato pesanti incongruenze tra quello che la Regione dovrebbe ottenere (cifre che occupano la colonna delle poste attive) e quello che può davvero sperare di incassare. Nello specifico, l’istruttoria ha fatto emergere che i residui relativi alla tassa di conferimento dei rifiuti solidi urbani ammontano a circa 47 milioni di euro, ai quali vanno aggiunti circa 66 milioni dovuti dai Comuni capoluogo, per un totale di 113 milioni di euro.
Arrivano a ben 266 milioni di euro, invece, i crediti complessivamente vantati nei confronti dei Comuni calabresi per quanto riguarda il servizio idrico; di questi, 79 milioni di euro sono dovuti dalla sola Reggio Calabria e 19 da Cosenza, che però eccepisce la loro ormai maturata prescrizione.

Mission impossible

Proprio per far fronte alla dubbia esigibilità dei crediti in questione, la Corte dei conti impone di rimpinguare il fondo ad hoc previsto dal Testo unico degli enti locali, che serve proprio a evitare di farla fuori dal vaso.
Missione quasi impossibile a poco più di due mesi dal termine ultimo, il 31 dicembre, per l’approvazione del bilancio consuntivo. Il 10 ° piano della Cittadella e il Consiglio regionale sono già in allarme, perché una prima ottimistica stima calcola in circa 70 milioni di euro l’entità delle risorse necessarie per adeguare il fondo, così come chiesto dai giudici contabili.

Le conseguenze temute

Se i soldi non si dovessero trovare, il bilancio salterebbe e si aprirebbe la strada all’esercizio provvisorio, in pratica il default della Regione. Ad andare a gambe all'aria sarebbero anche provvedimenti attesissimi, come la nuova legge sulla liquidazione del Corap, che ha bisogno di circa 30 milioni di euro per i prossimi tre anni per avere qualche reale chance di funzionare e chiudere una volta per tutte la fallimentare (e breve) storia del consorzio, che nel 2106 fuse le Asi su base provinciale e creò un solo grande carrozzone.
Uno scenario apocalittico, quello dell’esercizio provvisorio, che Oliverio, ma non solo lui, dovrebbe affrontare in piena campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio regionale. Problemi seri, altro che veto di Zingaretti e Graziano.

Un fine legislatura lacrime e sangue

Intanto, la Regione cerca di correre ai ripari, almeno sul piano della comunicazione, e sforna un comunicato stampa stile “va tutto bene, madama la marchesa”. Prima esalta il dato oggettivo («Anche quest’anno, la Corte dei Conti, per la quarta volta consecutiva, ha parificato il rendiconto»), poi cerca di vedere il bicchiere mezzo pieno («L’ampia e articolata analisi dei profili contabili e della legittimità e regolarità della gestione finanziaria dell'ente, oltre a sottolineare i risultati positivi raggiunti della Regione, ha offerto spunti di grande riflessione»), infine però è costretta ad ammettere che il dente duole assai: «La Regione opera in un difficile contesto, caratterizzato da una grave situazione della finanza locale e da reali difficoltà da parte dei Comuni a pagare le somme già dovute per il servizio dei rifiuti. Ciò ha condizionato oggettivamente l’azione di recupero dei crediti del servizio per la fornitura dell’acqua, riferiti a gestioni, anche politiche, ormai lontane nel tempo. Inoltre, si è inteso evitare di aggravare ulteriormente la situazione finanziaria degli Enti Locali che, a seguito di recuperi forzosi da parte della Regione, avrebbero dovuto avviare la procedura di dissesto».
Dito puntato verso i Comuni, contro i quali adesso si scatenerà l’azione di “recupero crediti”: «Purtroppo – si legge nella nota della Cittadella -, le azioni poste in essere nel 2019, dopo decenni di immobilismo, per recuperare questo credito datato, non sono state ritenute sufficienti e, pertanto, la Corte ha ordinato alla Regione di adottare delle misure coercitive nei confronti dei Comuni debitori imponendo all’Amministrazione stessa, nelle more del recupero di tali crediti, l’accantonamento di importanti risorse connesse prevalentemente al credito vantato nei confronti dei Comuni di Reggio Calabria e Cosenza».
Una guerra tra “poveri-ricchi” che è appena iniziata. «Il presidente della Giunta regionale - si legge ancora nel comunicato - ha manifestato alla Corte l’intenzione di incontrare tutti i sindaci dei Comuni interessati per spiegare le azioni che la Regione ha l’obbligo di porre in essere, al fine di garantire la certezza ed il rientro del credito regionale, lavorando per evitare, con la collaborazione dei sindaci, un corto circuito che investirebbe le amministrazioni locali, con implicazioni negative sulla vita dei cittadini».
Insomma, siamo solo all’inizio della fine "lacrime e sangue" di questa Legislatura.


degirolamo@lactv.it