Inchiesta Hydra

’Ndrangheta, Cosa nostra e Camorra unite per spartirsi i milioni dell’ecobonus a Milano: «Abbiamo costruito un impero»

Nell’ordinanza del Tribunale del Riesame sulla posizione di Massimo Rosi, uno dei capi calabresi, i giudici sottolineano «la collaborazione sistematica per aumentare i profitti con il placet dei vari clan»

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14 ottobre 2024
20:47
Foto di repertorio
Foto di repertorio

Le mafie «storiche», Cosa Nostra, camorra e 'ndrangheta, e «le loro articolazioni territoriali lombarde» hanno mantenuto la «autonomia», ma «alcuni loro componenti» hanno «dato vita ad una struttura unitaria» in Lombardia per «aumentare i profitti illeciti», specializzandosi in false fatture per imprenditori «locali, in attività economiche incentivate da contributi statali», come «l'ecobonus, nel recupero crediti nella forma estorsiva» e nel «narcotraffico». Lo scrive il Tribunale del Riesame di Milano nelle oltre 300 pagine di una delle ordinanze (per Massimo Rosi) notificate oggi nella maxi inchiesta "Hydra" dei carabinieri del Nucleo investigativo, dopo il ricorso della Dda milanese su 79 indagati per i quali aveva rinnovato l'istanza di custodia in carcere, bocciata dal gip.

Per i giudici, «plurime emergenze investigative, sminuite dal gip nella loro portata, indicano chiaramente la dotazione di strutture, prassi, relazioni, indicative dell'esistenza di una associazione per delinquere unitaria», un'associazione mafiosa con componenti delle tre mafie, che mantengono comunque «un certo grado di autonomia», trovando la «sintesi tra interessi talora contrapposti».


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Secondo il Riesame (collegio Savoia-Amicone-Ambrosino), il gip Perna non ha dato una «valutazione unitaria» degli elementi indiziari portati dall'accusa ed è incorso - scrivono in passaggi di critiche - in un «errore di metodo, consistente nel trascurare di considerare tutti gli elementi offerti». Per il Riesame, la «mafiosità immanente» dell'associazione unitaria deriva dalla «mafiosità» dei suoi «componenti più rappresentativi»: 13 persone sono indicate in «ruoli di rilievo». «Abbiamo costruito un impero e ci siamo fatti autorizzare tutto», diceva, intercettato, Giacchino Amico, presunto vertice dell'associazione per conto della camorra dei Senese. Per i giudici questa affermazione è «snodo centrale», perché dimostra che gli appartenenti alle «mafie storiche hanno avuto il placet» dei vari clan di riferimento per la «collaborazione sistemica limitata», non «fusione» delle varie mafie.

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La nuova associazione riconosciuta dai giudici, si legge in altri passaggi, «non è una confederazione in senso stretto» tra le tre mafie, ossia la «super mafia evocata dal gip», che non aveva riconosciuto il capo di imputazione principale. Il rapporto tra i mafiosi dei vari clan si basava sul «mutuo riconoscimento», ma anche sui «veti» come quello della «mafia di appartenenza» che veniva «direttamente dal territorio dell'allora latitante Matteo Messina Denaro» per «sopire l'eco della disputa economica Pace-Amico», ossia due degli indagati. Tra gli indagati dell'associazione mafiosa, riconosciuta dal Riesame, con «ruoli di rilievo» figurano i nomi di Gioacchino Amico, Giancarlo Vestiti, Emanuele Gregorini, Massimo Rosi, Giuseppe Fidanzati, Bernardo, Domenico e Michele Pace, Santo e Filippo Crea, Paolo Aurelio Errante Parrino, che manteneva i rapporti con Messina Denaro, e Vincenzo Rispoli.

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