Inchiesta Reset

Le rivelazioni del pentito Lamanna sul traffico di droga a Cosenza: «Dal 2014 zingari e italiani non spartivano più i soldi»

Il collaboratore di giustizia, esecutore materiale dell'omicidio di Luca Bruni nel 2012, ha parlato delle dinamiche interne dell'organizzazione riferendo anche di un summit con Ettore Lanzino, Michele Bruni e Franco Presta

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di Antonio Alizzi
14 maggio 2024
19:35

Voce affaticata dai problemi di salute, ma al tempo stesso lucido nel ricordare, soprattutto dopo una pausa, le dinamiche mafiose a Cosenza. Parliamo del collaboratore di giustizia, Daniele Lamanna, esecutore materiale dell’omicidio di Luca Bruni, avvenuto il 3 gennaio 2012 nel comune di Castrolibero. Il pentito uccise un uomo che con lui aveva condiviso un percorso criminale, avendo fatto parte entrambi del clan “Bruni-zingari“.

L’ultimo boss dei “Bella bella” non accettava le nuove regole decise dagli “zingari” e dagli italiani. Voleva quindi che le cosche fossero autonome, senza alcun accordo, ufficializzato nel 2010 ma programmato già in una riunione avvenuta in via degli Stadi a Cosenza. A sugellare l’intesa mafiosa erano stati i latitanti Ettore Lanzino e Franco Presta, in presenza di Michele Bruni, dei suoi sodali, e degli altri appartenenti al clan degli italiani. Insomma, tutti uniti nel creare una confederazione con la divisione delle attività illecite, i cui proventi dovevano essere versati nella cosiddetta “bacinella comune“. Ma qualcosa tra il 2013 e il 2014 non andò per il verso giusto. E Lamanna, oggi collegato in videoconferenza da un sito riservato, ha spiegato tutto.


Nel corso dell’esame condotto dal pm antimafia Corrado Cubellotti, il pentito Daniele Lamanna, assistito dall’avvocato Michele Gigliotti, ha parlato del suo rapporto con Mario “Renato” Piromallo

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