Le fiamme possono distruggere tutto ma non sogni e speranze. E la voglia di costruire e credere in una Reggio diversa non è stata scalfita dall’incendio che pochi giorni fa ha distrutto una nuova concessionaria appena inaugurata nel cuore della città.

Una grande festa. Il 14 dicembre l’inaugurazione e gli investimenti di Francesco, un giovane 30enne che nella sua Reggio continua a credere e investire. Il 19, solo pochi giorni dopo, la benzina e le fiamme. Non è la prima attività e di certo non sarà l’ultima perché, dopo lo scoramento iniziale, la voglia di non darla vinta a chi ancora pensa di intimidire, spaventare o tenere sotto scacco quella parte sana della città, che di metodi paramafiosi è stanca da tempo, ha preso il sopravvento.

E Francesco non ci sta a lasciar passare il messaggio che «in questa città di m… non si può fare nulla». E, seppur provato dal vedere la concessionaria distrutta dalle fiamme, non molla e continua a crederci nella sua Reggio perché «è stata questa città a darci la possibilità di crescere e realizzare tutto questo». Francesco è un giovane reggino come tanti che, però, ha deciso di denunciare, ha deciso di non fermarsi.

Al momento non si esclude nessuna pista e, anche se i metodi utilizzati richiamano quei tempi bui in cui la ‘ndrangheta cercava di intimorire e soffocare l’economia sana, gli inquirenti continuano a battere ogni pista. Intanto si guarda già alla ripartenza, a come ricostruire lì dove le fiamme hanno distrutto. Le telecamere della videosorveglianza saranno passate al setaccio e nel frattempo Francesco si prepara a ripartire convinto di essere dalla parte giusta.

«Questa città è meravigliosa, uno splendore perché ci ha fatto emergere e rappresentare quello che è la nostra azienda che, purtroppo, per colpa di qualche piccola ed isolata figura, succede anche questo. Ma la testa va tenuta comunque alta e bisogna ripartire sempre più forti perché, alla fine dei conti, se molli gli dai ragione. Ma noi abbiamo un progetto ben chiaro e definito quindi andremo avanti».

Non è il primo e non sarà l’ultimo episodio di questo genere ma, a differenza degli anni bui, quando questi metodi sortivano un effetto diverso, oggi imprenditori e commercianti non si spaventano e il modo per fare rete esiste. Esistono imprenditori che denunciano, che non si piegano e che credono nel potenziale di questa terra. Isolare e marginalizzare chi ancora crede di poter contribuire a far etichettare questa terra come non sicura sembra essere la via giusta e, se questa rivoluzione parte dai giovani, forse si può ancora sperare.