Maria Concetta, Fabiana, Lea, Roberta, Paola, Caterina, Adele sono solo alcuni  dei 50 nomi di donne uccise da mariti, figli, fratelli nell’ultimo mezzo secolo in Calabria. Cinquanta storie di femminicidi che oggi ancora urlano giustizia e cercano di scuotere le coscienze sociali. I loro nomi adesso si trovano affissi all’interno della "stanza della memoria e dell’impegno" inaugurata oggi a Reggio Calabria, all’interno del consiglio regionale su iniziativa dell’osservatorio sulla violenza di genere. La ”stanza” è stata intitolata a Mary Cirillo, 31enne e madre di quattro figli, uccisa dal marito nell’agosto del 2014 a Monasterace. Oggi ad aver tagliato il nastro di inaugurazione è stata proprio Sofia Pilato, una delle figlie di Mary che da quel giorno in pochi minuti ha perso per sempre la madre, ma anche il padre, Giuseppe Pilato, reo confesso, condannato in Appello a 26 anni di carcere.

 

Famiglie spazzate via dall’odio e dalla violenza di chi diceva di amare queste donne; da chi non si rassegnava ai loro “no”, chi non intendeva interrompere le relazioni seppur “malate” e da chi permeato dalla sub-cultura mafiosa. Accanto a Sofia c’erano anche Vincenzo Chindamo, fratello di Maria, l’imprenditrice di Laureana di Borrello scomparsa in circostanze ancora misteriose nel 2016, ed Annie Russo, figlia di Maria Antonietta Rositani bruciata viva a Reggio Calabria dall’ex marito, Ciro Russo, poco più di due settimane fa. «Si tratta di un luogo che vorremmo fare conoscere soprattutto agli studenti calabresi – ha affermato Mario Nasone coordinatore dell’osservatorio – le storie di queste donne devono rimanere impresse non solo sui muri di questa particolare stanza, ma anche alle future generazioni affinché si faccia il più possibile un’opera di prevenzione su questo dramma che non è solo calabrese”. In rappresentanza della Regione Calabria erano presenti il presidente del consiglio regionale Nicola Irto e l’assessore alla cultura Maria Francesca Corigliano. Tra gli ospiti anche il procuratore generale presso la Corte d’Appello reggina  Bernardo Petralia e il presidente della Corte d’Appello di Reggio Calabria Luciano Gerardis. «Quest’iniziativa rappresenta un unicum in Italia- ha dichiarato invece, Giovanna Cusumano vice coordinatore dell’osservatorio ed avvocato penalista. Questa stanza è un lascito morale ai familiari delle vittime, ma anche a tutte le nuove generazioni. Noi adulti e anche le Istituzioni devono educare i giovani- ha concluso- non solo a condurre le relazioni sentimentali, ma anche alla fine delle stesse perché non si può arrivare ad uccidere una donna solo perché finisce la relazione».

All’iniziativa era presente anche Matilde Spadafora Lanzino, madre di Roberta, la diciannovenne uccisa, dopo essere stata stuprata, nel 1988 in provincia di Cosenza, e per cui nessun colpevole  stato assicurato alla giustizia. Matilde Spadafora Lanzino insieme al marito Franco ha fondato, trent’anni va, una fondazione non solo in ricordo della figlia, ma anche per sensibilizzare i giovani sulla tematica della violenza delle donne. E anche oggi la donna si rivolge proprio ai ragazzi. «Non sono solo le vittime ad essere giovani- ha dichiarato- molto spesso lo sono anche i carnefici ed è per questo che oltre al sostegno diretto alle donne  occorre fare formazione nelle scuole. Dobbiamo molto, molto, lavorare con loro».

 

LEGGI ANCHE: