L'imputazione cambia: da concorso esterno si trasforma in associazione mafiosa. Dominique Suraci, l'ex consigliere comunale di Reggio finito in manette dopo l'inchiesta Assenzio-Sistema del 2012, sarebbe stato quindi un soggetto interno alla ndrangheta e non un mero collaboratore. Questa, almeno, è la tesi del pm Stefano Musolino che conduce l'accusa nel processo in cui Suraci è imputato. L'ex politico reggino era finito sotto la lente d'ingrandimento della procura non soltanto per la propria attività nel civico consesso ma anche per la gestione della sua attività imprenditoriale: i supermercati delle società Vally e SGS group. Nel mirino della procura le operazioni finanziarie e le assunzioni effettuate dalle società, secondo gli inquirenti compiute per volontà delle cosche. I nuovi elementi a carico di Suraci vengono prevalentemente dalla testimonianza del pentito Roberto Moio, nipote del superboss Giovanni Tegano. Secondo il collaboratore di giustizia Suraci sarebbe stato  un uomo su cui le cosche reggine, in particolare il clan Audino, puntavano proprio per la sua capacità imprenditoriale. Anche l'attività politica di Dominique Suraci, sempre a sentire Moio, sarebbe stata sponsorizzata dalle cosche: il pentito racconta che fu il reggente della cosca Tegano, Paolo Schimizzi, a chiedergli di far confluire i voti proprio sull'ex consigliere.