Un sequestro beni per circa 9 milioni di euro è stato eseguito nella mattinata di oggi dai militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria. Ad essere colpito il patrimonio dei coniugi Antonio Sapone, classe 1968, e Maria Ripepi, classe 1969, imprenditori attivi nel settore del noleggio di apparecchi da intrattenimento con vincita in denaro nelle zone del Gebbione e di Sbarre della città sullo Stretto. I due sarebbero contigui al clan mafioso dei Labate. Il sequestro riguarda anche uno dei loro figli, Vincenzo Sapone, classe 1992.

 

Il provvedimento, emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Dda, dispone l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale del sequestro su beni immobili (terreni e fabbricati), società (sia quote societarie che complessi aziendali) e rapporti finanziari.

 

L'eredità di Campolo e l'appoggio dei Labate

Dalle indagini della compagnia territoriale di Reggio Calabria sarebbero emerse «svariate condotte criminali» perpetrate dal “Gruppo Sapone”, subentrato nella gestione del business a Gioacchino Campolo, detto "il re dei videopoker", forti del suo consenso. Il “Gruppo Sapone”, dunque, avrebbe beneficiato dell’eredità di Campolo, riuscendo così a fare quel salto imprenditoriale che ha consentito alle sue imprese di conoscere una vertiginosa crescita economica, soprattutto grazie all'appoggio assicurato dalla cosca Labate. La loro vicinanza ad ambienti criminali di questo calibro sarebbe stata confermata, oltre che dalle attività investigative, dalle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, ritenuti di solida affidabilità nelle competenti sedi giudiziarie.

 

I reati contestati

Tra le contestazioni, oltre al concorso esterno in associazione mafiosa, delitti contro la pubblica amministrazione, grazie al concorso di pubblici ufficiali infedeli che agevolavano la crescita imprenditoriale del gruppo, garantendo il conseguimento illecito di licenze ed autorizzazioni, oltre all’intimidazione di matrice mafiosa.

 

Il patrimonio posto sotto sequestro

Gli accertamenti eseguiti avrebbero evidenziato «una significativa e ingiustificata differenza tra il reddito dichiarato ai fini delle imposte sui redditi e il patrimonio posseduto (anche indirettamente, tramite i propri figli), nonché l’intrinseca illiceità dell’enorme patrimonio accumulato nell’arco temporale oggetto di investigazioni (15 anni): è stata così constatata la sussistenza di una sperequazione di oltre 8,8 milioni di euro».

 

L’ingente disponibilità di denaro contante da parte dei componenti del “Gruppo Sapone” sarebbe comprovata da acquisti immobiliari di rilevante entità. In esecuzione del decreto applicativo della misura di prevenzione patrimoniale in parola, i finanzieri reggini hanno individuato e sottoposto a sequestro 8 beni immobili (di cui 6 fabbricati e 2 terreni) situati a Reggio Calabria e a Milano e 4 società (con i relativi patrimoni), unitamente al complesso delle disponibilità finanziarie riconducibili ai soggetti proposti.

 

Perquisizioni anche nel Nord Italia

Contestualmente la magistratura ha emesso un apposito decreto di perquisizione ricomprendente tutti i luoghi rientranti nella disponibilità dei componenti del “Gruppo Sapone” e delle 4 società a loro riconducibili, al cui esito i militari operanti hanno rinvenuto e sequestrato documentazione e altro materiale probatorio di rilevante interesse investigativo, che sarà oggetto di ulteriori approfondimenti. La presenza delle sedi delle società dei Sapone e dei beni immobili riconducibili ai componenti del gruppo sull’intero territorio nazionale ha implicato, in sede di esecuzione delle misure di prevenzione patrimoniali e del decreto di perquisizione, il coinvolgimento di numerosi altri Reparti del Corpo territorialmente competenti, essendo numerose sedi dislocate nelle province di Milano, Torino, Vercelli, Bergamo e Monza-Brianza, oltre che nella provincia di Reggio Calabria.