Dopo una giornata di tensione è stato riportato l'ordine nel carcere di Arghillà. «Grazie all'impagabile opera della Polizia penitenziaria, sono rientrati pochi minuti fa i disordini presso la Casa Circondariale di Reggio Calabria Arghillà, dove poco meno di una decina di detenuti di origini georgiane avevano tentato una spedizione punitiva nei confronti di un altro ristretto, ma, vistisi sbarrata la strada dagli agenti, si erano asserragliati nella sezione», comunica il segretario generale della Uilpa polizia penitenziaria Gennarino De Fazio.
«Da quanto apprendiamo – spiega il sindacalista –, nessuno si sarebbe fatto male, né fra i detenuti né fra gli operatori, mentre ci sarebbero danni alla struttura»

Gravissimi disordini sono in corso nella casa circondariale di Reggio Calabria, plesso di Arghillà, dove un gruppo di detenuti di origini georgiane rifiuterebbe il rientro in cella nell’intenzione d’aggredire un detenuto che si trova in un’altra sezione detentiva e col quale cui ieri ci sarebbe stato un diverbio. I ristretti, che dovrebbero essere circa nove, sono muniti di armi rudimentali e hanno costretto il personale ad attendere i soccorsi. «La tensione è altissima e sono stati richiamati appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria liberi dal servizio, mentre ulteriori rinforzi stanno giungendo da altri istituti penitenziari della regione», aveva fatto questa mattina sapere De Fazio. «Continuano così, di fatto senza soluzione di continuità, da nord a sud, isole comprese, i disordini nelle carceri del Paese», è stato il commento.

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«Quanto sta accadendo – afferma De Fazio – è palesemente l’effetto dello stato di abbandono sostanziale in cui continuano a versare le carceri e i detenuti e a pagarne le spese, oltre a questi ultimi, è il Corpo di polizia penitenziaria che sconta le pene dell’inferno per la sola colpa di essere al servizio dello Stato. Ormai si va al lavoro e non si sa quando e come se ne uscirà. Turni di 16, 18 e anche 24 ore, aggressioni, sono state oltre 2000 dall’inizio dell’anno, rivolte, disordini e, quando va bene, un procedimento penale e uno disciplinare».

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«Sono 14.500 detenuti – conclude De Fazio – oltre i posti disponibili, 18mila unità mancanti alla Polizia penitenziaria, 66 suicidi fra i detenuti e sette fra gli agenti nel solo 2024, richiedevano e richiedono misure straordinarie e ad effetto tangibile e immediato e non il placebo costituito dal decreto carceri. Ci auguriamo che il governo nella sua interezza, ma soprattutto la premier, Giorgia Meloni, vogliano prenderne compiutamente atto prima che il sistema tracolli  definitivamente   con   conseguenze   inimmaginabili».