VIDEO | Un ammanco di quasi un miliardo di euro in cassa e un’azienda infiltrata dalla ‘ndrangheta. Chi pagherà per tutto questo? I calabresi, ovviamente
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
C’è un ammanco di quasi di un miliardo di euro in cassa, un’azienda infiltrata dalla ‘ndrangheta che ha drenato risorse per decenni senza che nessuno se ne accorgesse. Un dramma sociale, che ha prodotto il deserto sanitario in un ampio territorio calabrese, quello gestito dalla famigerata Asp di Reggio Calabria. Quattro strutture sanitarie, ché chiamarli ospedali si farebbe fatica in qualsiasi altro posto d’Europa: quelli di Melito Porto Salvo e Gioia Tauro trasformati in due gusci vuoti, e gli spoke di Polistena e Locri che vivono nell’incubo della chiusura di reparti per mancanza cronica di personale. «Quello che stava succedendo nell’Asp di Reggio Calabria lo sapevano tutti, era alla luce del sole – ha attaccato Nuccio Azzarà, segretario generale della Uil Reggio Calabria – Tutti sapevano perché c’erano state diverse denunce, ma nessuno è intervenuto. Secondo noi la ‘ndrangheta ha iniziato prima a drenare risorse indirettamente, poi direttamente entrando nei subappalti, nelle consulenze, nel catering».
La sanità gestita dai commissari
E dire che da 10 anni la sanità in Calabria è stata gestita da commissari inviati dal governo centrale. Come si sia arrivati a questo punto resta tuttora un mistero e nonostante i proclami del nuovo governo, di colpevoli non ne sono stati ancora trovati. «Dopo 10 anni di commissariamento – ha aggiunto Azzarà – nessuno può dire che non sapeva. Ora ci aspettiamo che i commissari alla guida dell’Azienda sanitaria di Reggio Calabria, dopo avere cristallizzato le responsabilità, vadano in procura per denunciare».
L’ammanco di un miliardo
Guardando dal di fuori, l’Asp di Reggio Calabria sembra un verminaio, nel quale quasi nessuno pare sia voluto veramente intervenire nel corso degli anni. Di colpo ci si è resi conto che dai sei anni non si presentavano bilanci, che è sparito quasi un miliardo e che addirittura, buona parte di quei soldi li avrebbe drenati la ‘ndrangheta. «È stato creato un sistema complesso – ha aggiunto il sindacalista – sul quale sono state create le fortune di qualcuno e le disgrazie di un intero popolo, quello calabrese». E sì, perché quell’ammanco di un miliardo lo hanno pagato e continueranno a pagarlo per molti anni i calabresi, in termini di prestazioni sanitarie scadenti e tributi salati. E cosa dire dell’ultima emergenza saltata fuori da qualche mese, la presunta carenza di medici. «Non è così – ha sottolineato Azzarà – è strano che ogni volta che si assume di parla di carenza di medici. Le figure che mancano sono altre: infermieri, tecnici di laboratorio, ma non medici. In pianta organica ce ne sono quasi 800 per 400 posti letto: un’enormità. Si dovrebbe andare a cercare, però, dove sono tutti questi medici, se svolgono le funzioni per le quali sono stati assunti, per esempio. E poi c’è da tenere presente un altro fenomeno che abbiamo denunciato, quello dell’imboscamento».
Il Decreto Calabria
Le nuove forze politiche al governo hanno promesso pulizia, fino ad ora però hanno prodotto solo un decreto senza nessuna risorsa. «Siamo in attesa di sapere cosa contenga questo “decreto Calabria” – ha continuato il segretario della Uil Reggio Calabria – perché se è una dichiarazioni d’intenti ne prendiamo atto, ma alla Calabria servono risorse, abbiamo bisogno per esempio dei soldi per costruire i nuovi ospedali».
Quindi va bene la ‘ndrangheta, che i nuovi commissari, magistratura e forze di polizia speriamo riescano finalmente a individuare e neutralizzare, ma nell’Asp di Reggio Calabria pare si sia concentrato un coacervo di interessi, non solo mafiosi, che ha letteralmente spolpato fino all’osso la sanità pubblica. È possibile che nelle istituzioni, per tutti questi anni, nessuno se ne sia reso conto?
Francesco Altomonte