Il collaboratore di giustizia svela in aula il progetto ai danni di un investigatore dell'Arma che prestava servizio a Briatico: «Il piano era di eliminarlo in mare mentre faceva pesca subacquea»
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Doveva morire anche un carabiniere della Stazione di Briatico nelle intenzioni di alcuni esponenti dei clan locali. Un racconto inedito, fatto per la prima volta oggi in aula dal collaboratore di giustizia Antonio Accorinti, nel corso del maxiprocesso nato dalle operazioni antimafia Maestrale-Carthago, Olimpo e Imperium.
Dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia, rispondendo alle domande del pm della Dda di Catanzaro, Andrea Buzzelli, il collaboratore ha svelato: «Ho un procedimento penale che mi vede indagato per delle minacce e delle offese che ho rivolto al carabiniere C.S. in servizio alla Stazione di Briatico. Tale carabiniere – ha dichiarato Accorinti – faceva pesca subacquea ed era stato predisposto un piano per ucciderlo poiché svolgeva il proprio lavoro con meticolosità e per questo ci dava fastidio. Dell’omicidio ne ho parlato con Antonino Tedesco, Simone Melluso e Gregorio Niglia. Il carabiniere era solito parcheggiare l’auto nei pressi della marina di Briatico dove si recava a fare pesca subacquea e Gregorio Niglia riconoscendo l’auto voleva farlo fuori lì e ne parlò con me, Simone Melluso e con Antonino Tedesco. Concordammo invece che il carabiniere doveva essere ucciso in mare, in un luogo isolato, mentre faceva pesca subacquea. Era stato stabilito che ad immergersi in acqua per compiere l'omicidio doveva essere Antonino Tedesco, mentre io dovevo passare poi con il gommone e recuperare il corpo per farlo sparire. Alla fine, però – ha concluso il collaboratore Accorinti – riflettendo bene ho desistito a portare a termine l’omicidio e mi sono opposto poiché avendo avuto più di una discussione con questo carabiniere, in caso di una sua eliminazione avrei subito attirato l’attenzione delle forze dell’ordine su di me. Tutto ciò accadeva in un periodo ricompreso tra il 2013 e il 2015».