C’è stato un tempo in cui Francesco “Sandokan” Schiavone, già noto boss casalese e fresco pentito, faceva affari con Michele Bruni alias “Bella Bella”. Anzi, «’ndranghetiava». Il neologismo è di un altro collaboratore di giustizia, Francesco Galdi al secolo “Il dottore”, che nel 2012 svelava all’allora pm antimafia Pierpaolo Bruni i retroscena del rapporto di collaborazione instaurato fra il potente camorrista e il rampante gangster cosentino. 

«Schiavone e i suoi familiari avevano grande considerazione di lui» sottolinea Galdi, tanto che nella copiata dell’allora giovane Bella Bella figurava proprio il nome di Sandokan. Anzi, A suo dire, era stato proprio quest’ultimo a conferirgli la dote di “Trequartino”, un merito criminale creato ad hoc dai vertici per rimediare alla svalutazione della “Santa” del “Vangelo”, in quel momento storico dispensati con troppa generosità. La circostanza si somma al business che Bruni aveva avviato con la malavita casertana. In particolare un import-export di armi e droga sulla rotta Cosenza-Casal di Principe strutturato in modo decisamente singolare: con l’ausilio di alcuni carri funebri.

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I cosentini, infatti, inviavano in Campania casse da morto piene di cocaina ed eroina in precedenza acquistate ad Africo e, una volta giunte a destinazione, i casalesi acquisivano la merce e poi riempivano le bare di pistole, mitra e fucili da rispedire in Calabria ai Bruni, all’epoca impegnati a mettere in piedi una famiglia mafiosa autonoma. Viaggi di andata e ritorno brevi e insospettabili: lugubre, ma efficace. Tutto questo Galdi riferisce di averlo appreso grazie alle confidenze ricevute da un affiliato dei Bella Bella. A parlargli dei rapporti di amicizia tra Sandokan e Bruni, invece, era stato Roberto Calabrese Violetta che, nel 2013, intraprende analogo percorso di collaborazione e, tra le altre cose, confermerà il narrato del “Dottore”. Con qualche precisazione di non poco conto. Secondo lui, infatti, il legame di Schiavone con Michele Bruni altro non era che il riflesso di un rapporto ancora più saldo creato in precedenza tra lui e il defunto Francesco Bruni, padre di Michele nonché il “Bella Bella” originale. «Erano stati insieme nel carcere di Napoli e lì era nata una solida amicizia». Francesco Bruni è stato ucciso il 22 luglio del 1999 mentre, nel suo primo giorno di semilibertà, era appena uscito dal carcere di via Popilia diretto al lavoro.    

A quel tempo, cercava di metter su un clan autonomo con l’appoggio di un vecchio padrino come Tonino Sena.

Una nuova cosca, dunque che pescava anche nella Sibaritide - il gruppo di Leonardo Portoraro - e, soprattutto, agiva con la benedizione della famiglia Pesce di Rosarno. Le loro velleità saranno stroncate nel sangue dagli altri clan cosentini, per l’occasione alleati contro il nemico comune. E secondo Calabrese, a far loro paura era soprattutto il legame tra Francesco Bruni e Francesco Schiavone. Temevano che con l’appoggio della camorra, il nuovo gruppo potesse davvero riuscire nell’impresa di monopolizzare la scena criminale cosentina. Vicende che, nella vita avventurosa e diabolica di “Sandokan” rappresentano solo una parentesi di poco conto. Vedremo se dagli abissi della sua memoria salteranno fuori anche questi ricordi.