Federico Cafiero de Raho ha da poco assunto l’incarico di procuratore nazionale antimafia e già nel giorno dei suoi saluti alla città di Reggio Calabria, la domanda più ricorrente nei corridoi del palazzo di giustizia riguardava il suo possibile successore: chi arriverà dopo di lui? Quesito di non facile risposta perché – oramai è dimostrato – il sesto piano del Cedir è un ufficio molto ambito per chi punta a divenirne il capo. Un po’ meno per chi può scegliere di venirci da sostituto. Ed allora il momento in cui scadrà il termine per la presentazione della domanda ci dirà con certezza quali e quanti saranno i “concorrenti” che si giocheranno la poltrona di una delle Procure più importanti, dopo Roma, Milano, Napoli e Palermo.

Gli esclusi eccellenti

Partiamo da quei magistrati che, potenzialmente, avrebbero potuto fare domanda di trasferimento, aspirando ad un ritorno in Calabria, ma che sono stati di fatto esclusi dall’innalzamento del termine di legittimazione, passato da tre a quattro anni. Come si sa, infatti, ciascun magistrato deve rimanere nella propria sede di assegnazione per un periodo minimo, prima di poter chiedere una sede diversa. In precedenza tale periodo era di tre anni, ora passato a quattro, con decreto firmato dal governo Renzi. Una decisione accolta con pareri contrastanti all’interno della stessa magistratura e oggetto di aspre critiche. Sta di fatto che, proprio a causa di questo mini aumento, resteranno fuori dalla partita due magistrati di primissimo livello: si tratta di Francesco Creazzo, reggino doc e attuale procuratore capo di Firenze, e Michele Prestipino Giarritta, ex procuratore aggiunto di Reggio, oggi a Roma.

 

Creazzo fu nominato nel maggio del 2014. Dunque l’innalzamento di un anno lo estromette con un margine ampio. Chi, invece, rimane fuori solo per pochi giorni è proprio Prestipino, che assunse l’incarico sul finire del 2013, ma non in tempo per raggiungere i quattro anni.

I papabili successori

Ed allora, stando a quelli che possono classificarsi come meri rumors di fine anno, sono già due i nomi che circolano con una certa insistenza. Il primo rappresenta un magistrato capace e con un curriculum giudiziario di tutto rispetto e la cui nomina sarebbe una evoluzione di carriera meritata e sacrosanta; l’altro sarebbe uno di quelli che la storia giudiziaria l’ha già scritta ma che, proprio per quella sua indole di inquirente al 100%, potrebbe cambiare le carte in tavola. Il primo identikit corrisponde al nome dell’attuale procuratore aggiunto di Catanzaro, Giovanni Bombardieri. Il secondo, invece, porta dritti a Palermo e risponde al nome di Roberto Scarpinato.

Il pm che viene da Riace

Bombardieri, in Calabria, lo conoscono tutti. Dal Pollino allo Stretto rappresenta il terrore delle organizzazioni criminali che, in un modo o nell’altro, s’interfacciano con quelle operanti nel suo territorio di competenza. Basti ricordare, ma solo in ordine di tempo, l’inchiesta “Cumbertazione e 5 lustri”, messa a segno in collaborazione con la Dda di Reggio Calabria, per comprendere come il lavoro di Bombardieri sia noto ben al di là dei confini catanzaresi. O, per citare altre sue inchieste, si pensi a quella che ha scosso Rende e Cosenza, con l’arresto di importantissimi esponenti della politica locale e regionale, o ancora al fascicolo su Calabria Verde, che fece emergere una «gestione clientelare» della società, per finire a svariati processi a personaggi di spicco della ‘ndrangheta calabrese.

 

Bombardieri, 53enne, è originario di Riace, dunque in provincia di Reggio Calabria. Così come della locride sono anche due attuali aggiunti reggini, Giuseppe Lombardo e Gerardo Dominijanni. Senza dimenticare che da Gerace arriva anche l’attuale capo della Procura di Catanzaro, Nicola Gratteri. Per Bombardieri, con un passato da sostituto procuratore a Roma e gip a Locri, sarebbe un ritorno alle origini.

La voglia di tornare in prima linea

La sua candidatura è ancora un po’ sfumata. Non c’è alcuna ufficialità. Ma chi lo conosce sussurra che la tentazione di sottoscrivere quella domanda di trasferimento è forte, fortissima. Comprensibile per un magistrato che, per primo, ha parlato di “sistemi criminali” in Sicilia e che oggi vede in Reggio Calabria la Procura che rappresenta una naturale prosecuzione del suo lavoro. Roberto Scarpinato è oggi procuratore generale di Palermo. E perché mai – vi chiederete – uno che sta già ad un gradino più alto dovrebbe decidere di arrivare sino alla città dello Stretto? Difficile da credersi, ma quella voglia irrefrenabile di tornare ancora una volta in trincea, lì dove i fascicoli nascono, si compongono, prendono forma, faldone dopo faldone, non riesci a controllarla sempre a dovere. Indagare, scoprire nuovi orizzonti che spesso sono solo orizzonti vecchi che nessuno ha voluto o potuto vedere prima, è qualcosa che non passa neppure con l’avanzare dell’età o della carriera. Ecco le ragioni che potrebbero determinare Scarpinato a scendere in lizza per la nomina a Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria. Perché in fondo, da sempre, quando Palermo chiama, Reggio risponde. E viceversa. Lo ha fatto la mafia con la ‘ndrangheta. Lo ha fatto – per fortuna – anche lo Stato, con delle professionalità di altissimo livello che hanno attraversato lo Stretto scambiando informazioni e lavoro. Non è un caso se oggi alcuni fra i principali processi in corso (vedi Gotha o ‘Ndrangheta stragista) possono contare su un apporto non indifferente anche di collaboratori proprio siciliani. Sul 65enne Scarpinato ci sarebbe poco da dire, essendo conosciuto in tutta Italia. Basti solo ricordare che fu nel pool di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino; che si occupò di alcuni fra i processi più delicati per omicidi eccellenti in terra siciliana. E poi, la stagione assieme a Giancarlo Caselli, le indagini su Andreotti, Contrada e ancora quei “Sistemi criminali”, il cui lavoro viene oggi valorizzato e ripreso proprio dal procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo.

La lista dei papabili, al momento, si chiude qui. Ma è del tutto evidente che trattasi solo di un elenco assai parziale che non tiene conto di tutti coloro che presenteranno la domanda e che magari arriveranno da distretti giudiziari meno prossimi a quello reggino. Un po’ come accaduto con Federico Cafiero de Raho nel 2013, quando in pochi si aspettavano che la scelta potesse ricadere su di lui. Ma sono due nomi che, se confermati dall’ufficialità della candidatura, danno già l’idea dello spessore delle toghe che si contenderanno il posto di procuratore capo di Reggio Calabria, ad oggi egregiamente ricoperto, seppur con ruolo temporaneo di vicario, da Gaetano Paci.

Consolato Minniti