La Suprema Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza di secondo grado a carico del maresciallo dei carabinieri forestale Carmine Greco, condannato nei primi due gradi di giudizio a 13 anni di carcere, nell'ambito del processo nato dalla maxi-inchiesta "Stige". Inchiesta coordinata all'epoca dalla Dda di Catanzaro contro la cosca di 'ndrangheta dei Farao-Marincola di Cirò.

Gli ermellini hanno accolto il ricorso presentato dal professore avvocato Alessandro Diddi, il quale ha contestato le motivazioni della sentenza emessa dalla Corte d'Appello di Catanzaro, evidenziando nel ricorso presentato al "Palazzaccio", una serie di elementi che, dal suo punto di vista, proverebbero l'assoluta estraneità ai fatti dell'imputato rispetto alla contestazione di concorso esterno in associazione mafiosa.

Secondo l'accusa infatti il maresciallo Carmine Greco, all'epoca comandante della caserma di "Cava di Melis" di Longobucco, avrebbe favorito lo scempio di ettari di bosco da parte di ditte vicine ad ambienti mafiosi cirotani. Tra queste le ditte Tucci, Zampelli e Spadafora, finite nella rete dell'indagine antimafia "Stige".

Per la difesa, i giudici di primo e secondo grado non hanno tenuto in considerazione la «tonnellata di documenti» che dimostrerebbero come le condotte del maresciallo Carmine Greco non abbiano in alcun modo agevolato le imprese boschive. Le censure difensive hanno inoltre rilevato l'inattendibilità dei collaboratori di giustizia. Ora la palla ritorna alla Corte d'Appello di Catanzaro che dovrà tenere conto delle indicazioni della Cassazione al fine di emettere una nuova sentenza di secondo grado nei confronti dell'imputato.