Il collaboratore di giustizia racconta al Tribunale di Vibo i particolari della scomparsa del giovane inghiottito dalla “lupara bianca” ed i progetti di morte contro Stefano Farfaglia ed Angelo David
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Ha indicato per la prima volta in pubblica udienza gli esecutori di un delitto dimenticato. Un caso di “lupara bianca” rimasto impunito di cui al momento nessuno è chiamato a rispondere ma che, secondo Raffaele Moscato, è stato commesso dal clan dei Piscopisani. Non ha deluso le aspettative la prima deposizione del collaboratore di giustizia, Raffaele Moscato, in quello che è il principale processo (rito ordinario) nato dalle sue dichiarazioni: “Rimpiazzo”, dal nome dell’omonima operazione antimafia della Squadra Mobile coordinata dalla Dda di Catanzaro.
Dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia, presieduto dal giudice Tiziana Macrì, in video-collegamento Raffaele Moscato ha risposto alle domande del pm Andrea Mancuso e gli argomenti di interesse trattati non sono mancati.
“Angelo David è un azionista del clan dei Piscopisani ed è cognato di Stefano Farfaglia, anche lui organico al clan. Avevano entrambi il grado di picciotto – ha svelato Moscato – e insieme abbiamo anche commesso anche delle rapine per conto del clan. Si occupavano pure di droga e Stefano Farfaglia anche di usura. Sono loro i responsabili dell’omicidio di Massimo Stanganello di Vibo Marina e nella cosca dei Piscopisani si era deciso che sia Angelo David che Stefano Farfaglia dovevano morire per impedire il ritrovamento del cadavere di Stanganello”. Il giovane di Vibo Marina è sparito nel nulla nell’agosto del 2008 dopo essereuscito dal carcere ed il suo cadavere si troverebbe sotterrato nelle campagne di Piscopio. Per impedirne il ritrovamento, i vertici del clan dei Piscopisani – secondo Moscato –avrebbero programmato due omicidi, quelli di Angelo David e Stefano Farfaglia, con l’intenzione di sopprimerli in quanto a conoscenza del luogo dove si trova sepolto Massimo Stanganello (nella foto a destra) e che avrebbero potuto rivelare alle forze dell’ordine.
“Sia Angelo David che Stefano Farfaglia – ha rivelato Moscato – erano soliti bere ed ubriacarsi e poiché sapevano dove si trovava il corpo di Stanganello, Rosario Fiorillo aveva deciso che dovevano essere eliminati per paura che parlassero troppo. Il corpo di Stanganello era stato infatti seppellito da Stefano Farfaglia insieme a Rosario Battaglia. Anche Rosario Battaglia era d’accordo con gli omicidi ai danni di Stefano Farfaglia e Angelo David, così come pure Francesco La Bella. Io – ricorda Moscato – tentati di dire che non era il caso, ma venni zittito. Rosario Battaglia mi mandò così da Stefano Farfaglia e Angelo David per farli cadere in un tranello, ossia condurli in una campagna con la scusa che bisognava procedere a conferirgli un grado mafioso superiore mentre in realtà dovevano essere uccisi una volta sul posto. Andai da Angelo David e cercai di sviarlo per non farlo andare in campagna, senza dirgli però nulla in ordine al tranello per non fare insospettire né lui, né Battaglia. Alla fine Angelo David e Stefano Farfaglia non arrivarono e Rosario Battaglia mi propose di disseppellire il cadavere di Massimo Stanganello ma io mi rifiutai perché la cosa – ha dichiarato Moscato – mi faceva schifo”. Nulla è stato dichiarato in aula in ordine ai motivi che hanno portato all’omicidio di Massimo Stanganello, ma per Moscato i due esecutori materiali sarebbero Angelo David, 37 anni, di Piscopio, e Stefano Farfaglia, 37 anni, residente a San Gregorio d’Ippona. Nel processo “Rimpiazzo” sono accusati di associazione mafiosa ed altri reati, ma non gli viene contestato (così come agli altri imputati) l’omicidio di Massimo Stanganello, il cui cadavere non è mai stato ritrovato.