È stata la volta del collaboratore di giustizia Bartolomeo Arena nel processo nato dalle operazioni Maestrale-Carthago, Olimpo e Imperium. Un esame incentrato sulla ‘ndrangheta di Mileto e le sue frazioni dagli anni ’80 ad oggi. «Conosco alcune dinamiche della criminalità di Mileto per averle apprese inizialmente da mio nonno Vincenzo Pugliese Carchedi. In tempi meno recenti sapevo che a capo della società di Mileto — dopo un periodo in cui prevalevano le famiglie Luccisano, Cirianni e Zupo — il soggetto più influente era tale Lombardo, soggetto legato a Peppe Mancuso ‘Mbrogghja, di cui aveva curato anche la latitanza in quelle zone”. Negli anni successivi si sono invece affermate le famiglie mafiose dei Prostamo, dei Pititto, Iannello, Tavella, Galati. La società di ‘ndrangheta riuniva le zone di Mileto centro, San Giovanni di Mileto, Calabrò e la zona di Comparni, anche se c’erano stati accesi contrasti, nel tempo, tra le varie famiglie. Tramite Leoluca Lo Bianco, il Rozzo, esponente del clan Lo Bianco di Vibo avevo saputo che un ruolo di rilievo lo ricopriva anche tale Corso, genero di Giuseppe Mesiano, il quale aveva un incarico importante, anche se questo ruolo è stato ricoperto per molto tempo da Pasquale Pititto. Le famiglie Pititto, Prostamo, Iannello di San Giovanni di Mileto e Mesiano di Calabrò sono alleate. I Galati operano invece a Paravati e Comparni».

I Mesiano di Calabrò

Ad avviso di Bartolomeo Arena, il patriarca della famiglia «Giuseppe Mesiano di Mileto portava in copiata del proprio grado mafioso della camorra il nome di Antonio Arena», padre dell’attuale collaboratore che è poi scomparso per “lupara bianca” a metà anni ’80. «È stato lo stesso Giuseppe Mesiano a raccontarmi, nel corso di un matrimonio in cui io ero insieme a Salvatore Furlano di Vibo, che mio padre gli aveva conferito una dote di ‘ndrangheta. Giuseppe Mesiano è stato poi ucciso nel corso di una faida con i Corigliano di Mileto. L’omicidio è stato vendicato con la soppressione di uno dei Corigliano. Ho conosciuto i figli di Giuseppe Mesiano, vale a dire Fortunato, Paolo, Saverio, Antonello, Pasquale e Franco Mesiano, che mi risultano tutti affiliati alla ‘ndrangheta. I Mesiano avevano un comparaggio con Leoluca Lo Bianco, alias U Rozzu, ed erano anche collegati al ramo dei Lo Bianco che faceva capo a Carmelo Lo Bianco detto Sicarro, mentre Fortunato Mesiano veniva spesso a trovare a Vibo Antonio Grillo, detto Totò Mazzeo, ed era anche lui affiliato alla ‘ndrangheta e vicino al boss, ucciso in Brianza, Rocco Cristello. Altro azionista dei Mesiano – ha aggiunto Arena – era Saverio Mesiano ed aveva sparato con una mitraglietta alla casa ed all’auto di Gennarino Colace, soggetto vicino ai Mancuso. Pasquale Mesiano era invece in strettissimo contatto con i Piscopisani, Rosario Battaglia e Rosario Fiorillo».

Il gruppo di San Giovanni di Mileto

Secondo Bartolomeo Arena, a capo della ‘ndrangheta della frazione di San Giovanni di Mileto viene collocato «Pasquale Pititto che era legato a Damiano Pardea di Vibo – nipote di Ettore Tassi – anche nella cessione della droga. Nei periodi di carcerazione, Pasquale Pititto era sostituito al vertice del clan dal cugino Salvatore Pititto. A capo della famiglia Prostamo c’era invece Giuseppe Prostamo che a suo tempo aveva accoltellato in carcere Ciccio Pardea di Vibo, mentre successivamente insieme ai Tavella aveva dato supporto ai Bonavota di Sant’Onofrio nella faida con i Petrolo. Poi Giuseppe Prostamo è stato ucciso a San Costantino Calabro da un soggetto vicino ai Fiarè. Affiliati alla ‘ndrangheta erano anche Pino e Antonio Prostamo, nipoti di Giuseppe ucciso e coinvolti nell’omicidio Vangeli, anche loro attivi nel traffico di ogni tipo di stupefacente. Altro esponente del gruppo di San Giovanni di Mileto è poi Rocco Iannello che mi è stato presentato a Vibo dal mio amico Luigi Vitrò. Nipoti dei Prostamo erano anche i Tavella. In particolare – ha dichiarato Arena – Mommo Macrì mi ha presentato ad un funerale Nato Tavella».

Il gruppo Galati

Diversi gli esponenti di rilievo del gruppo Galati, delle frazioni Comparni e Paravati, indicati da Bartolomeo Arena. «Il capo assoluto era Antonio Galati che avendo sposato una Brogna di Vibo era divenuto al tempo stesso cognato dei vibonesi Francesco Fortuna, detto Ciccio Pomodoro, e Nazzareno Topia. Antonio Galati era un esponente importantissimo della ‘ndrangheta – ha spiegato il collaboratore – ed è stato ucciso dai sangregoresi nel 1982. Alla sua morte il personaggio più importante del gruppo divenne Carmine Galati che faceva parte della c.d. Caddara, il gruppo di fuoco della ‘ndrangheta vibonese messo in piedi negli anni ’80 dal boss Giuseppe Mancuso di Limbadi e del quale facevano anche parte Gennaro Vecchio di San Calogero e Peppone Accorinti di Zungri. Esponente di rilievo era anche Ottavio Galati, fratello di Carmine, che aveva ucciso Mico Scuteri, il killer che aveva soppresso a San Calogero Gennaro Vecchio, rimediando poi l’ergastolo. Salvatore Galati, detto Turi, era invece l’altro esponente di rilievo del clan e che aveva rimediato l’ergastolo per altri fatti di sangue. Ha due figli: Michele e Fortunato, quest’ultimo pericolosissimo esponente della ‘ndrangheta che si era spostato in Brianza per trafficare cocaina e si trovava in carcere per aver sparato ad un soggetto vicino ai Mancuso».