I giudici chiamati a decidere sulla competenza territoriale e la formulazione di alcuni capi di imputazione
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Eccezioni preliminari sono state poste dal nutrito collegio difensivo del processo nato dall’operazione antimafia “Imponimento” al Tribunale collegiale di Lamezia Terme (presidente Angelina Silvestri, giudici a latere Adele Foresta e Domenico Riccio).
In apertura di udienza è intervenuto l’avvocato Pino Zofrea, presidente della Camera Penale di Lamezia Terme che, nell’augurare buon lavoro al Collegio e alle parti processuali, ha inteso ringraziare i giudici per avere concesso che all’udienza potessero partecipare gli iscritti al Corso per difensori d’ufficio, tenuto dalla Camera Penale lametina, per i quali la stessa ha rappresentato una lezione pratica di alto spessore «che contribuirà certamente alla formazione della nuova generazione di difensori d’ufficio».
Ha poi preso la parola l’avvocato Aldo Ferraro, nell’interesse dell’imputato Angelo Sgrò, reinterando innanzitutto l’eccezione di incompetenza territoriale del gup di Catanzaro a giudicare il suo assistito, al quale viene contestato un reato che – ad avviso del difensore – non rientra nella competenza della Dda di Catanzaro, né di conseguenza del gup distrettuale, non essendo contestata alcuna aggravante speciale che giustifichi la celebrazione a Catanzaro di un processo che avrebbe dovuto celebrarsi, in udienza preliminare, a Lamezia Terme. L’avvocato Ferraro ha posto l’accento sul fatto che il rimedio della Procura, che proprio all’udienza preliminare aveva modificato l’imputazione così da radicare a quel punto la competenza a Catanzaro, era da ritenersi tardivo perché avvenuto a processo in corso, quando ormai il vizio si era cristallizzato, non rientrando tra i poteri del pm l’individuazione del giudice naturale, che deve essere precostituito per legge rispetto allo stesso processo.
L’avvocato Giuseppe Bagnato ha poi posto una questione di incompetenza per territorio rispetto ai suoi assistiti, rilevando che i fatti loro contestati risultano commessi nel comprensorio del Tribunale di Vibo Valentia, a maggior ragione considerando che l’aggravante dell’agevolazione mafiosa contestata si riferisce a cosche del Vibonese, e non a quella degli Anello-Fruci di Filadelfia e Acconia di Curinga.
L’avvocato Andreano per Francescantonio Stillitani, unitamente all’avvocato Verri, hanno poi eccepito la nullità del decreto dispositivo del giudizio per indeterminatezza dei capi di imputazione, «non essendo concretamente individuate – a loro dire – le condotte contestate ai loro assistiti». Analoga questione è stata sollevata dagli avvocati Vonella, Giovanni Vecchio e Mazzotta, che hanno rilevato come l’indeterminatezza e la genericità delle accuse rivolte ai loro assistiti «ha leso il diritto di difesa non essendosi potuti difendere su fatti specifici». Molti altri difensori hanno altresì depositato altrettante memorie per sollevare ulteriori questioni preliminari, di cui i pubblici ministeri d’udienza – pm Antonio De Bernardo e Chiara Bonfadini – hanno chiesto il rigetto rilevando che i capi di imputazione risultano contenere l’indicazione degli elementi essenziali dei reati contestati, dovendo invece il processo accertare analiticamente i fatti contestati, e che la competenza territoriale era stata correttamente individuata dall’ufficio di Procura sulla scorta della complessiva impostazione, che vedrebbe tutti i reati “attratti” dal reato associativo, che fonda la competenza di quell’ufficio Distrettuale e del gup di Catanzaro.
Il Tribunale ha quindi rinviato il processo all’udienza dell’8 ottobre per decidere sulle eccezioni preliminari sollevate dalle difese, nonché – all’esito – per la formulazione delle richieste di prova delle parti. L’inchiesta, scattata nel luglio dello scorso anno, ha colpito il clan Anello di Filadelfia, Tripodi di Portosalvo, Lo Bianco-Barba di Vibo Valentia, Cracolici di Maierato, Bonavota di Sant’Onofrio ed altre consorterie.