Il giorno dopo la sentenza di condanna di Isabella Internò a 16 anni di reclusione è il momento dell’analisi dei possibili scenari spalancati dalla decisione assunta dalla corte d’assise del tribunale di Cosenza. Intanto è stata sancita una prima verità: la morte di Denis Bergamini non era dovuta ad un suicidio. Si è trattato invece di omicidio premeditato, adesso attribuito alla ex fidanzata del giovane calciatore, per la quale vale la presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio.

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«Isabella non ha agito da sola»

Assassinio premeditato commesso in concorso con persone al momento ignote. Ed è su questo lato ancora oscuro della storia che l’attività della procura di Castrovillari potrebbe virare, dopo avere incassato questa prima deliberazione favorevole. La presidente del collegio giudicante, infatti, ha disposto il rinvio degli atti processuali alla magistratura inquirente per valutare l’apertura di indagini a carico di alcuni familiari dell’imputata per falsa testimonianza. Nei confronti del cugino di Isabella, Roberto Internò, anche per concorso in omicidio.

«Ne prendiamo atto – ha commentato il legale della famiglia Bergamini Fabio Anselmo – D’altra parte chi si assume l’onere di deporre deve dire la verità e se non lo fa commette un reato. Sulla posizione di Roberto Internò posso solo dire che chiaramente Isabella non ha agito da sola. Per noi però la cosa più importante è aver stabilito che la sera del 18 novembre 1989 Denis Bergamini è stato vittima di un delitto. E non si è tolto la vita. Una circostanza che si poteva dedurre fin da subito, che qualcuno non ha voluto vedere».

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Verità lampante

Poi l’avvocato rincara la dose: «Mi piacerebbe che coloro che si chiusero gli occhi, possano essere chiamati a rispondere delle loro azioni, ma il tempo che è trascorso ormai non lo consente più». Nella testa dell’avvocato alberga una convinzione: «Se del caso, allora, si fossero occupati i magistrati che hanno invece operato in questa ultima fase, da Eugenio Facciolla, al procuratore D’Alessio, al sostituto Primicerio, l’inchiesta si sarebbe potuta chiudere nel giro di due anni». Per Isabella Internò, oltre alla condanna a 16 anni di reclusione, è scattata anche l’interdizione dai pubblici uffici ed il pagamento delle spese processuali. Inoltre il giudice nei suoi confronti ha disposto il risarcimento dei danni in favore delle tre parti civili costituite, cui l’imputata dovrà liquidare anche una provvisionale immediatamente esecutiva di centomila euro ciascuna.