«Quando passava qualcuno dal carcere di Reggio Calabria, Paolo De Stefano faceva arrivare dei pranzi. Erano tutti pagati. Arrivavano aragoste, pranzi costosi». Lo afferma il pentito Francesco Onorato nella parte conclusiva della sua deposizione al processo ‘Ndrangheta stragista, parlando dei rapporti fra il crimine calabrese e quello siciliano. «Un rapporto alla pari», spiega Onorato, che aggiunge come «se c’era un favore da fare non si poteva dire di no da entrambe le parti».

Poi, grazie alle domande del pm Lombardo, si torna a parlare di Paolo De Stefano, il capo storico della famiglia di Archi. Si era nei primi anni ’80, poco prima che il boss venisse ucciso nel suo feudo. E Onorato ricorda benissimo come tutti i siciliani che si trovavano a transitare dal carcere di Reggio Calabria potevano contare su un’accoglienza di spessore da parte di De Stefano, referente dei siciliani prima di essere ammazzato. Un’attenzione che si concretizzava nell’invio di pranzi luculliani ai detenuti, tutti rigorosamente pagati dalla famiglia De Stefano. Una pratica, quella narrata da Onorato, che non è nuova per il casato mafioso di Archi.

 

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