In un iconico spot a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, un rampante imprenditore assicurava di non vendere sogni, ma solide realtà. A distanza di anni, ogni volta che si parla di Ponte sullo Stretto sembra di risentire quelle assertive reclame che promettevano sogni di gloria e certezze granitiche: eppure, anche il più contemporaneo “sta senz’ pensieri” rischia in questi ultimi giorni di dicembre di scontrarsi con la dura realtà.

Il Ponte sullo Stretto infatti, l’opera bandiera di questo governo e del ministro delle infrastrutture Matteo Salvini, sembra viaggiare su basi solide quanto una bolla di sapone: la causa è la mancanza, allo stato attuale, della certezza sulle coperture economiche che dovrebbero garantirne la realizzazione. Una mancanza di chiarezza che, allo stato attuale, è stata sbloccata dalla presentazione dell’emendamento infrastrutture che conferma gli impegni formali del governo.  

Ponte sullo Stretto, in manovra la rimodulazione dei fondi: scontro con la Sicilia, Occhiuto alla finestra

In queste ore la battaglia si è spostata al Senato, precisamente nella Commissione Bilancio: Forza Italia spinge per un nuovo emendamento sul Superbonus 110%, Giorgetti dal MEF fa sapere che non se ne parla proprio ma la coperta è ancora corta, cortissima: dai numeri emerge un taglio agli stanziamenti previsti per il primo anno (2024) al Ponte sullo Stretto. Lo stanziamento iniziale, secondo le ipotesi, era di 780 milioni e dalle prime cifre trapelate se ne sarebbero persi almeno 100 per il solo 2024.

Cambia il contributo delle regioni, con Calabria e Sicilia che secondo il nuovo emendamento dovranno contribuire con un miliardo e seicento milioni a partire dal 2025. La progressione prevede 100 milioni per il 2025 e il 2026, 940 milioni di euro per l’anno 2027 e 357 milioni di euro per l’anno 2028 per l’anno 2029. Questi fondi ridurranno pesantemente l’intera dotazione a disposizione di Calabria e Sicilia per il periodo 2021-2027. Vorrebbe dire una seria ipoteca su moltissime opere pubbliche e progettazioni previste.

La scelta ha provocato dure (e prevedibili) reazioni dall’opposizione (il Movimento Cinquestelle ha parlato di «rapina» al Sud) ma anche dal governatore forzista della Regione Siciliana Renato Schifani è arrivato un “no” netto alla rimodulazione. Se la sua giunta aveva manifestato, in un primo momento, l’intenzione di ridimensionare il proprio contributo, dopo la decisione del governo lo scontro è esploso. «La decisione governativa per cui la quota di nostra compartecipazione debba essere di 1,3 miliardi non è mai stata condivisa dall'esecutivo regionale», evidenzia una nota della Regione. Con l’auspicio «che Salvini si possa attivare per restituire le maggiori risorse sottratte alla Sicilia, necessarie per sostenere investimenti per lo sviluppo dell'Isola». Scontro sull’altra sponda del Ponte, dunque, mentre Occhiuto resta alla finestra e Salvini parla di una scelta, quella della compartecipazione, «condivisa con i presidenti» delle due Regioni.

Ponte sullo Stretto, i numeri che non tornano: si cerca aiuto dai fondi europei

 

Lo sguardo (e le mani giunte in attesa di risorse) di Salvini è tutto rivolto a Bruxelles, che però ha poche strade per finanziare direttamente il Ponte sullo Stretto: non il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che è inconciliabile per modalità di erogazione e tempi di conclusione delle opere, e nemmeno i classici Por Piani Operativi Regionali. I vincoli impongono che questi fondi vengano riservati a opere che possano abbattere il divario tra paesi ma comunque non finanziano strade e collegamenti viari: la Commissione ha chiarito più volte, in modi e tempi diversi, che questa non è una misura derogabile. Cosa resta? Un sostegno da parte della Banca Europea di Investimenti o misure specifiche di sostegno attraverso programmi a guida nazionale: l’inserimento dell’opera tra gli investimenti strategici del corridoio Ten-T può aiutare ma non basta. Anche qui, dunque, la matassa è difficile da sbrogliare: più facile finanziare attività complementari (materiali rotabili, opere collaterali e di terra), molto più difficile sostenere l’acquisto finanche di un solo sacco di cemento per costruire un pilone.

Ponte sullo Stretto, lavoratori e contenziosi: un quadro poco chiaro

Tra le tante variabili sul tavolo c’è quella, ancora aperta, dei contenziosi: l’opera, che finora è costata più di 300 milioni di euro per la sola società Stretto di Messina Spa, ha tutta una serie di pendenze aperte con società e studi di progettazione. Il più importante riguarda i 700 milioni richiesti dal consorzio Eurolink (attualmente in stand by e suddivisi tra danni e spese sostenute), i quasi 100 milioni dello studio di progettazione Parsons e i 325 milioni di danni che la stessa società Stretto di Messina chiede al Ministero delle Infrastrutture come indennizzo. Cifre importanti, quasi un 10% dell’opera, che potrebbero essere dimenticate all’apertura dei cantieri oppure ripianificate in un nuovo piano finanziario.

C’è, poi, il nodo lavoratori: un argomento più volte rilanciato dallo stesso ministro Salvini a sostegno dell’importanza del progetto ma la cui congruità nei numeri è tutta da definire. A ottobre del 2022, in piena fase di rilancio dell’opera, in un’intervista televisiva a Quarta Repubblica parlò di un’opera che avrebbe portato circa 120 mila posti di lavoro. Solo pochi mesi dopo, a maggio del 2023, durante la presentazione del DEF e delle relative opere previste parlò più genericamente di circa 100 mila posti di lavoro.

La cifra, però, è stata dimezzata solo qualche settimana fa: il 30 novembre, infatti, durante un incontro ufficiale Matteo Salvini ha parlato di un’opera che porterà 50 mila posti di lavoro. Anche qui, però, un dato non corroborato da elementi reali: secondo le stime di OpenEconomics, divulgate sul Corriere della Sera, l’infrastruttura genererà «oltre 33 mila occupati negli otto anni complessivi di cantiere». Insomma, le migliaia ballano: così, tra un annuncio e un numero, viene in mente l’ingegner Cane, interpretato da Fabio De Luigi nei famosi sketch insieme alla Gialappa’s Band. Le similitudini, dal caschetto giallo nelle foto al plastico, dalle migliaia di posti di lavoro promessi agli annunci roboanti, sono tanti: resta da vedere se anche stavolta la più iconica delle opere non realizzate sarà destinata a restare un render di progetto o vedrà la luce