Il Tribunale delle Imprese di Roma ha dichiarato inammissibile il ricorso dei 104 cittadini che avevano mosso un'azione inibitoria collettiva contro la Stretto di Messina Spa, in quanto non vi è ancora un progetto definitivo. Lo rivelano all'Ansa fonti legali.
Ai 104 cittadini se ne erano contrapposti 139 (originariamente 140) a favore del Ponte, il cui intervento è a sua volta stato dichiarato inammissibile.

I ricorrenti sono stati condannati a pagare più di 200mila euro di spese legali. I loro avvocati Aurora Notarianni e Giuseppe Vitarelli hanno spiegato a Messina Today: «Stiamo valutando la sentenza - spiegano i legali -. Riteniamo che la condanna alle spese nell'importo determinato possa essere frutto di un errore non essendo la determinazione neppure motivata e non essendo rinvenibile nelle tariffe un tale importo. Pertanto proporremo immediato appello con richiesta di sospensiva».

«Sconfitta per i signori del No. Avanti per più sviluppo, lavoro e futuro in Sicilia, Calabria e resto d'Italia con il Ponte sullo Stretto» è il commento su Instagram del vicepremier Matteo Salvini.

Class action contro il Ponte sullo Stretto, le motivazioni della sentenza

Secondo il tribunale, che si è espresso in 42 pagine, «i ricorrenti hanno prospettato il pregiudizio in termini del tutto evanescenti ed ipotetici, avendo essi stessi ammesso che la procedura non ha ancora superato la fase di approvazione del progetto definitivo adottata dal Cipess e che tale adempimento dovrà essere preceduto dalla richiesta del Mit, dopo aver verificato la compatibilità delle valutazioni istruttorie (comprese quelle ambientali) acquisite dalla conferenza dei servizi, anche alla luce delle risultanze della valutazione di impatto ambientale, come disposto al comma 7 dell’articolo 3, valutazione ancora in corso».

La sentenza sottolinea che dopo l’adeguamento del progetto definitivo «gli ulteriori procedimenti istruttori e valutativi (…) sono ancora in corso e non si è ancora giunti all’approvazione del progetto definitivo da parte del Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile, approvazione che (…) sostituisce ogni altra autorizzazione, approvazione e parere comunque denominato e consente la realizzazione e, per gli insediamenti produttivi strategici, l’esercizio di tutte le opere, prestazioni e attività previste nel progetto approvato».

«È allora di tutta evidenza - si legge ancora nella motivazione - quanto sia prematura l’iniziativa giudiziale degli odierni ricorrenti, i quali hanno agito ai sensi dell’art. 840-sexiesdecies c.p.c. non solo in assenza di alcun effettivo danno ambientale che si sia iniziato a produrre in conseguenza di una condotta illecita, ma addirittura senza che il pregiudizio all’ambiente sia stato prospettato come imminente».

Ciucci (Stretto di Messina): «Volevano soltanto rallentare le procedure»

La sentenza «è un importante risultato». A sostenerlo è l'amministratore delegato della società Stretto di Messina, Pietro Ciucci. «Sin dall'inizio eravamo fiduciosi sull'esito avendo rilevato i motivi dell'inammissibilità e con la consapevolezza che l'obiettivo dei ricorrenti fosse unicamente quello di rallentare le procedure in corso e le prossime scadenze del progetto - aggiunge Ciucci -. Valutazione che ha trovato riscontro nella sentenza che ha rilevato motivazioni "del tutto evanescenti ed ipotetiche in assenza di alcun effettivo danno ambientale”, mancando perfino le prove di residenza dei ricorrenti nei luoghi di costruzione del Ponte». «Ci tengo a sottolineare che abbiamo sempre cercato e privilegiato il dialogo con il territorio - prosegue - nell'obiettivo individuare le migliori forme di collaborazione affinché la realizzazione dell'opera rappresenti un valore condiviso e questo continua a essere il nostro modo di operare. Ricordo inoltre i 140 cittadini, in prevalenza residenti nei comuni di Messina e Reggio Calabria, che hanno depositato un intervento volontario per contrastare l'iniziativa giudiziaria della 'class action'».