VIDEO | Il procuratore facente funzioni di Catanzaro evidenzia il patto tra clan e amministratori comunali: «Voti in cambio di benefici per le attività imprenditoriali riconducibili alla famiglia. Rapporti con soggetti istituzionali per sfuggire alle indagini»
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A Casabona la famiglia Tallarico controllava tutto. Lo evidenzia il procuratore facente funzioni di Catanzaro Vincenzo Capomolla che racconta ai cronisti i pilastri dell’inchiesta Nemesis, scattata nella mattinata di oggi, che ha portato a 10 arresti.
’Ndrangheta e politica a stretto contatto nel piccolo centro del Crotonese, la cui amministrazione comunale è stata terremotata dall’operazione antimafia.
«Queste attività di indagine – spiega Capomolla – hanno consentito di verificare le dinamiche operative di questa organizzazione costituita su base familiare, il completo e totale controllo di tutte le attività illecite e delle attività imprenditoriali che si svolgono in questa area specifica del comune di Casabona, dei contatti in questo caso molto stretti con esponenti istituzionali del comune di Casabona, in particolare il sindaco e un assessore (rispettivamente Francesco Seminario e Anselmo De Giacomo, ndr) che sono entrambi interessati per la misura cautelare. A entrambi viene contestato lo scambio elettorale politico mafioso e al sindaco di Casabona anche il concorso esterno».
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Il magistrato spiega che «il rapporto molto stretto con gli ambiti istituzionali del Comune ovviamente serviva per poter ottenere tutta una serie di benefici: il godimento di beni pubblici, la possibilità di utilizzazione (anche senza che ce ne fossero le condizioni e i presupposti di legge) di utilizzare le aree dei piani di insediamento produttivo».
Il gruppo si sarebbe anche assicurata «risorse per l'esercizio delle attività imprenditoriali acquisite in modo illecito» e si sarebbe mossa per mettere al sicuro quelle attività «anche attraverso rapporti con esponenti istituzionali per garantirsi da possibili anche attività di indagine e di investigazione da parte della polizia giudiziaria sugli illeciti che venivano compiuti nell'esercizio di queste attività imprenditoriali, che sarebbero riconducibili direttamente alla famiglia Tallarico e quindi alla cosca di ’ndrangheta interessata dalla misura cautelare».
Mire sulle imprese, patti con la politica e controllo del territorio. Per Capomolla, i Tallarico avevano le mani anche sul traffico di sostanze stupefacenti da una posizione di preminenza: «La cosca – spiega – era in grado di esercitare anche i poteri disciplinari qualora non venissero rispettate le regole di spartizione territoriale del mercato dello stupefacente». Un vero e proprio «controllo capillare» che si accompagna a «un rapporto diretto con l'ente comunale», nonostante il consiglio comunale venisse da uno scioglimento per infiltrazioni mafiose deciso a seguito dell’operazione Stige, «perché anche in quell'occasione c'era stato il coinvolgimento di un soggetto che faceva parte degli organi elettivi del comune stesso».
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Cambia amministrazione ma non le dinamiche, almeno secondo le accuse della Dda di Catanzaro: «In questo caso – continua Capomolla – il rapporto si è consolidato con il nuovo sindaco che è stato eletto nella prima tornata elettorale immediatamente successiva al periodo di commissariamento dell'ente coinvolgendo purtroppo nella raccolta del consenso l'organizzazione criminale a fronte della promessa, poi mantenuta, di far ottenere tutta una serie di vantaggi, di benefici diretti e anche indiretti sia nell'esercizio delle attività imprenditoriali sia per quanto riguarda le assunzioni».
Posti di lavoro, aiuti per le attività riconducibili ai Tallarico e «anche la possibilità di godere di risorse ai fini dello svolgimento dell'attività imprenditoriale senza subire controlli, grazie all'ausilio che veniva prestato da soggetti inseriti nell'ente comunale e negli organi istituzionali».
Le intercettazioni, dice ancora il procuratore facente funzioni, «hanno consentito anche di registrare come i profitti illeciti che venivano conseguiti dalle attività della cosca erano destinati alla bacinella e al sostentamento degli esponenti di questa organizzazione criminale». Un controllo egemonico, totale, basato anche sull’«appoggio di una rete di relazioni anche esterna all'organizzazione». Per i presunti membri di quella rete l’accusa è di concorso esterno in associazione mafiosa.