I vertici aziendali redigono un atto riorganizzativo e ne chiedono la condivisione dell'università. Trenta giorni di tempo per trovare l'intesa sul nuovo assetto
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Non chiamatelo atto aziendale. Eppure, in alcuni casi, la sostanza valica la forma e anche un mero "atto riorganizzativo" può ambire a modificare in maniera sostanziale i connotati di un'azienda. È implicitamente questo il senso del documento recapitato ieri mattina al rettore dell'università Magna Grecia di Catanzaro, Giovambattista De Sarro, chiamato a condividere quello che nella sostanza ha tutto l'aspetto di un atto aziendale, entro e non oltre il 31 di agosto. La fissazione di una scadenza non ha nulla di pleonastico, anzi assume i contorni di un ultimatum.
L'atto che non c'è
Insomma, i vertici aziendali gettano le basi per ricostruire dalle fondamenta la struttura sformata del policlinico e nel far ciò tendono la mano alla consorella universitaria per ottenere il consenso alla rifondazione. Riplasmare l'organizzazione interna - amministrativa e assistenziale - comporta il raggiungimento di un accordo tra l'azienda e l'università, intesa finora mai raggiunta e prova ne è il fatto che il policlinico universitario non ha mai adottato un atto aziendale, documento strategico per definire struttura e organizzazione. Difficile capire come finora ci si sia mossi nel sottobosco del conferimento degli incarichi dal momento che almeno sulla carta l'azienda non dispone di un assetto organizzativo ben definito.
Le regole di gioco
Ed è proprio questo l'obiettivo puntato dalla direzione generale: riscrivere il principio alla base delle regole di gioco. In primo luogo, l'atto di riorganizzazione interna istituisce le aree omogenee ad attività integrata «nel cui ambito - si legge all'articolo 21 del documento - si realizzano l'integrazione delle funzioni assistenziali didattiche e di ricerca». Ciascuna area è costituita da strutture complesse e strutture semplici dipartimentali «in coerenza con la tipologia delle attività assistenziali ed i settori scientifico disciplinari». Necessaria premessa alla successiva assegnazione di incarichi. «Sono organi dell'area omogenea - recita l'atto - il direttore e il comitato di area» configurati come «centri di responsabilità per i compiti che le vengono assegnati e per le risorse di cui dispone in funzione delle attività assistenziali di ricerca e didattica».
Logiche di potere
Il passo successivo è il conferimento dell'incarico del direttore di area individuato in un responsabile di struttura complessa e nominato dal direttore generale d'intesa con il rettore «sulla base di requisiti di esperienza professionale, curriculum scientifico, capacità gestionale ed organizzativa». Fin qui la teoria che, declinata nella realtà complessa del policlinico universitario, apre diversi scenari. Il principale è il rapporto tutt'altro che idilliaco tra il commissario straordinario dell'azienda universitaria, Giuseppe Zuccatelli, e il rettore dell'ateneo, Giovambattista De Sarro, quest'ultimo promotore di un ricorso al Tribunale amministrativo regionale per ottenere la rimozione del primo. Una premessa, di certo, poco incoraggiante nella prospettiva del riavvio di un dialogo, mai davvero ingranato.
Le caselle
Ne deriva a cascata il riempimento di tutte le caselle dirigenziali: piccoli feudi governati oggi al lume della discrezionalità. Non a caso il documento assegna ai direttori di area omogenea ad attività integrata la responsabilità del raggiungimento degli obiettivi di gestione negoziati con la direzione generale e quello di negoziazione dei budget. Un assetto che renderà più stringente il controllo e più cristallina la qualità e la quantità delle attività svolte. Un mese di tempo per condividere o meno il progetto.