Finiti entrambi sotto processo per presunti accordi illeciti stipulati prima dell’apertura di un centro diagnostico e poliambulatoriale, ma cinque anni dopo la stessa Procura ha chiesto la loro assoluzione. E per il giudice «il fatto non sussiste»
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Nessuna corruzione aggravata dietro l’apertura del centro diagnostico e poliambulatoriale di Amantea. Lo ha stabilito il processo che, nelle scorse ore, ha fatto registrare l’assoluzione di Mario Pizzino, già sindaco della cittadina tirrenica, e di Alfredo Citrigno, imprenditore cosentino che opera nel settore della sanità privata. Il processo che li ha riguardati, si è celebrato in abbreviato e si è concluso con un verdetto a loro favorevole, a circa cinque anni dall’inizio della vicenda giudiziaria che li riguardava.
Nel 2019, infatti, i carabinieri del Nas puntano i riflettori su un centro diagnostico aperto da Citrigno ad Amantea, in locali di proprietà della moglie e del cognato di Pizzino che, con la loro ditta edile, si occuperanno anche della ristrutturazione dell’immobile. Il sindaco, in virtù della sua posizione, è costretto ad astenersi, ragion per cui delega il suo vice, Andrea Ianni Palarchio, alla stipula del contratto di locazione e alla firma di tutti gli atti amministrativi del caso.
È la circostanza ritenuta in origine incriminante. L’ipotesi, infatti, era che il primo cittadino avesse omesso di riferire a Ianni Palarchio del proprio conflitto d’interessi e che a monte vi fosse un accordo corruttivo tra lui e l’imprenditore per favorire i familiari del sindaco in cambio del via libera all’apertura del centro-poliambulatorio.
In quel periodo, le indagini passano da perquisizioni e sequestri di documenti, pc e tablet, operati dagli investigatori. A ciò fanno seguito ben due richieste di arresto, avanzate dalla Procura di Paola nei confronti di Citrigno e Pizzino, prima al gip e poi al Tribunale del Riesame, che cadono entrambe nel vuoto.
All’epoca, infatti, i diversi giudici interpellati rilevano come sia la Regione che l’Asp avessero dato parere favorevole all’apertura di quella struttura sanitaria, con un cambio di location – da un immobile sulla Ss107 a uno ubicato in via Dogana – anch’esso regolarmente comunicato dall’imprenditore. Interrogato sul punto, il vicesindaco afferma di essere stato informato da Pizzino sulla sua necessità di «astenersi» da ogni atto amministrativo relativo a questa vicenda, e le sue dichiarazioni sgombrano il campo da eventuali raggiri di cui sarebbe stato vittima inconsapevole.
A ciò si aggiunge la posizione di Citrigno ritenuta, a dir poco, sfumata. In tal senso, il suo ruolo si limita al pagamento di canoni d’affitto che avrebbe dovuto comunque erogare e a ciò si aggiunge un’altra circostanza ritenuta decisiva: durante le indagini, non si registrano contatti tra lui e Pizzino, tali da desumere l’esistenza di un patto corruttivo. Anche sulla scorta di queste argomentazioni, cinque anni dopo, la stessa Procura di Paola ha cambiato idea, chiedendo l’assoluzione per entrambi gli imputati. Citrigno era difeso dagli avvocati Gino Perrotta e Antonio Quintieri, a rappresentare Pizzino, invece, c’era l’avvocato Gregorio Barba.