Negli ultimi mesi l’iter per il collegamento stabile con la Sicilia ha subito una brusca accelerazione. Dopo il via libera della Commissione Via ora sul ponte pende il giudizio del Tar del Lazio
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Richieste di chiarimenti e controdeduzioni, file per le procedure di esproprio e cambio dei tecnici destinati a decidere. E poi richiami, integrazioni, marce di protesta, ricorsi e autorizzazioni ministeriali zeppe di angoli rimasti oscuri: il 2024 è stato certamente l’anno del ponte sullo Stretto. Un ottovolante di annunci e prese di posizione politiche (da una parte e dall’altra) su un’opera immaginata già ai tempi dell’unità d’Italia e che, dopo l’accelerazione impressa dal Governo Meloni – e voluta dal ministro leghista Salvini che a settembre del 2022 riesumò la società Stretto di Messina, cancellando con un colpo di spugna la messa in liquidazione della stessa società sentenziata dal Governo Monti – potrebbe vedere i primi cantieri con l’arrivo del 2025.
Ad aprire le danze fu, a metà marzo, lo stesso comitato scientifico nominato dalla Stretto di Messina: gli esperti guidati dal calabrese Alberto Prestininzi, consegnarono una relazione approfondita in cui si dava parere favorevole alla costruzione del collegamento stabile tra Calabria e Sicilia, prescrivendo contestualmente 68 integrazioni necessarie al colmare i punti progettuali ritenuti più deboli: sollecitazioni sismiche, effetti di possibili maremoti e robustezza della struttura le criticità più importanti identificate dai tecnici del Comitato scientifico, che tra le righe, fecero emergere la necessità di ulteriore tempo necessario al completamento degli studi.
Ad aprile poi era stato lo stesso Mase, dopo avere esaminato il frettoloso aggiornamento del progetto presentato dalla Sdm, a certificare numerose criticità nel progetto stesso. In quel caso furono 239 le richieste di integrazioni che gli esperti del ministero recapitarono alla società guidata da Pietro Ciucci. Integrazioni che evidenziarono criticità di natura programmatica, strutturale e ambientale. Nel documento di una cinquantina di pagine la commissione aveva avanzato dubbi sull’analisi costi e benefici, sui cantieri che taglieranno in due Villa per tutta la durata dei lavori e sulla scarsità dei dati rispetto all’inquinamento dell’aria, ai pericoli per l’ambiente marino e come, per il comitato scientifico, il rischio terremoti (soprattutto alla luce della scoperta di una faglia attiva posta proprio sotto uno dei due piloni alti 400 metri) e maremoti.
Incurante della montagna di prescrizioni e integrazioni arrivate dagli organi di controllo, la Stretto di Messina, nello stesso aprile, avvia le operazioni propedeutiche alle pratiche di esproprio e inaugura due sportelli (uno a Messina e l’altro a Villa) in cui convoca i proprietari di case e terreni che dovranno farsi da parte per lasciare spazio ai lavori di costruzione del ponte. Sono giorni drammatici, con i cittadini delle due sponde dello Stretto che, forse per la prima volta in più di mezzo secolo di (costosissimi) proclami, toccano con mano il rischio di vedersi portare via la casa. Solo a Villa sono oltre 250 le case che verranno abbattute.
Ma così come era successo una decina di anni fa – quando a premere per la costruzione dell’opera era stato Silvio Berlusconi che, inaugurando il tunnel ferroviario rimasto come l’osceno ecomostro a guardia dello Stretto, si vantò di avere posto la prima pietra del ponte – associazioni e cittadini da entrambe le parti del mare, non sono rimasti con le mani in mano. Almeno tre le grandi manifestazioni di protesta (una a Villa, due a Messina) capaci di portate in piazza migliaia di persone compatte dietro gli striscioni NoPonte. Manifestazioni in cui emersero le priorità (strade sicure, collegamenti ferroviari efficienti, sanità che si avvicini agli standard del resto del paese, regolari forniture d’acqua potabile) realmente sentite dai cittadini dello Stretto.
Passata l’estate (e sostituita, per decorrenza dei termini, la commissione ministeriale che aveva evidenziato le tante criticità al progetto) la Stretto di Messina presenta in tempi record (poco più di quattro mesi) le proprie controdeduzioni, minimizzando i richiami e le richieste di integrazioni ricevute nel tempo, a cui fanno da specchio le ulteriori controdeduzioni dei comuni di Villa e Messina e delle associazioni contrarie al ponte, in una tarantella di cifre e studi che terminerà solo a novembre quando la nuova commissione Via da il proprio via libera, con prescrizioni, al ponte, passo propedeutico per l’esame davanti al Cipess, organismo che dovrà dare il via libero definitivo all’inizio dei cantieri.
Una cavalcata estenuante sulle spalle dei cittadini dello Stretto in cui, forse, a scrivere una parola definitiva potrebbero essere i giudici del Tar del Lazio, chiamati in causa dalla città Metropolitana di Reggio e dal comune di Villa (oltre che dai comitati per il no e alle associazioni ambientaliste), sulla legittimità di un pera che costerà 13,5 miliardi di euro e che, prima ancora della presentazione del progetto esecutivo, ha già drenato risorse destinate a Calabria e Sicilia, per oltre 6 miliardi di euro.