«Se si vuole risolvere il problema dei cinghiali, a maggior ragione ora che la Regione vuole prevenire grazie al loro abbattimento anche il dilagare della peste suina africana, non c’è che allungare i tempi della caccia». Non tergiversa Riccardo Colistra, presidente di Federcaccia Vibo Valentia, all’indomani del varo – da parte del commissario ad acta per la Sanità, Roberto Occhiuto, del Piano per la prevenzione della malattia che si trasmette tramite suini e ungulati. «In 5 anni – argomenta il presidente – durante la stagione venatoria sono stati uccisi oltre 60.000 capi, in tutta la regione, questo significa che non partiamo da zero, ma certamente si può fare di più».

La figura, per quel surplus invocato, su cui pure la Regione punta, è quella del selecontrollore, un cacciatore di cinghiali che segue un corso di formazione ed ha un tesserino apposito. «Noi – spiega Giuseppe Pizzonia, che è anche sindaco di Francavilla Angitola – possiamo operare anche fuori dal calendario venatorio dall’alba fino alle 9 e dalle 17 fino alle 23.30, e la novità sta nel fatto che ora possiamo cacciare anche nelle aree protette e nei parchi». Il tempo, allungato, e lo spazio – dilatato – diventano quindi alleati degli sportivi che adesso hanno un ruolo di vigilantes rafforzato, non più solo operativi contro i danni e i pericoli causuti dagli animali.

Nella sola provincia di Vibo Valentia si contano 1800 cacciatori, a cui i due Ambiti territoriali assegnano delle zone, e con l’insorgere dell’emergenza sanitaria – anche se ancora in Calabria non si registrano casi di contaminazione – i cacciatori vedono rafforzato il proprio ruolo, andando oltre i permessi normali della stagione che comincia a settembre e finisce a febbraio. «Purtroppo – conclude Colistra – la Conferenza Stato-Regione non ha voluto modificare il calendario, sebbene questa volta ci fossero tutti i presupposti».