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«Chiedo scusa a tutte le persone a cui ho fatto del male, soprattutto mi scuso con la famiglia di Francesco Torcasio, non ho avuto mai occasione di farlo». All’ennesimo controesame nell’ambito del processo Perseo, il collaboratore di giustizia Umberto Egidio Muraca, nipote dell’omonimo boss, prima di chiudere il collegamento in video conferenza tramite cui aveva rilasciato le sue dichiarazioni, ha stupito l’aula con questo gesto. Il pentito è stato protagonista delle ultime tre udienze che si sono celebrate al tribunale di Lamezia, ricostruendo le sue collaborazioni con la cosca Torcasio prima e quella Giampà poi.
In particolare, Muraca ha raccontato nell’ultima seduta di come si fosse avvicinato a Giuseppe Giampà, boss dell’omonimo clan e ora collaboratore di giustizia. A portare all’avvicinamento sarebbe stato l’agguato nei suoi confronti e da cui riuscì a salvarsi. Per il clan, Muraca avrebbe poi compiuto rapine e acquistato droga da smistare.
Ma il pentito è ritornato anche sul meccanismo delle truffe assicurative svelando come sui falsi sinistri lucrassero tutti, anche i meccanici.
Prima di chiudere il microfono e ritirarsi, le scuse ai familiari di Francesco Torcasio, poiché fu proprio Muraca a consegnarlo a Giuseppe Giampà che ne ordinò la morte. Torcasio appena ventenne fu ucciso agli inizi di luglio 2011, in pieno giorno, nel centro di Lamezia, con 15 colpi di pistola sparati mentre stava parcheggiando la sua auto.
di Tiziana Bagnato