«Molte volte portiamo anche a casa ciò che lasciamo al lavoro» - racconta Francesca De Fazio, infermiera nel reparto Malattie Infettive dell'ospedale Pugliese di Catanzaro. «Ad esempio, la solitudine del paziente». Una professione senza orari, senza regola. Di domenica, di lunedì. Nei giorni di festa: Natale, Capodanno o Pasqua. Un'attività quella degli operatori sanitari che la pandemia ha reso ancora più intensa ma non chiamateli eroi. 

Eroica normalità

«Per noi operatori sanitari lavorare nel periodo di festa - continua Francesca - rientra nella normalità, soprattutto per noi turnisti». «Ci capita addirittura di accorgerci solo dopo che è una domenica - aggiunge il medico, Marina Ciappelloni - perchè dobbiamo garantire un servizio». A lei fa eco la dottoressa Milena Barone: «Non è mai un sacrificio, rientra nei nostro compiti e lo svolgiamo con motivazione e con professionalità».

Pazienti fragili

Ma che spesso comporta un doppio onere, soprattutto durante le feste e nei reparti Covid, dove il contatto con il mondo esterno non è consentito. «Una volta rientrati a casa noi abbiamo la possibilità di festeggiare con i nostri familiari - spiega Milena -. Al contrario, i nostri pazienti in questo momento sono fragili proprio perchè non hanno il conforto e la vicinanza dei loro cari. E questo incide sulla loro condizione psicologica che impatta di conseguenza su quella clinica». 

Il conforto di uno sguardo

Insomma, non solo la cura del corpo. L'attività sanitaria è materia complessa e richiede tempo, dedizione e ascolto. «Anche se vestiamo con gli scafandri riusciamo ugualmente a comunicare con i pazienti attraverso lo sguardo, una carezza quando è possibile e una parola di conforto».