Le incantevoli acque di uno dei litorali più belli del mondo violati da liquami e immondizia. La denuncia dei villeggianti di Marina di Bordila porta ad accendere i riflettori sull’intero sistema di depurazione della Costa degli dei
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Le informazioni che la Guardia costiera trasmesse al procuratore Camillo Falvo si affastellano alle altre che, sin dall’inizio del 2020, i militari del comandante Giuseppe Spera hanno acquisito ed inoltrato all’ufficio requirente vibonese. È la storia di un paradiso contaminato: la Costa degli dei amata dai turisti di tutto il mondo, la «Costabella» cara a Giuseppe Berto che con la sua straordinaria capacità narrativa ne magnificava la struggente bellezza.
L’ultima denuncia - come abbiamo documentato in questo servizio - parte da un gruppo di villeggianti di località Marina di Bordila, a Parghelia. Sullo sfondo un orizzonte mozzafiato, in primo piano le incantevoli acque turchesi di un tratto di litorale - confinante a nord con Zambrone e a sud con Tropea - infestato da liquami e spazzatura.
Diversamente dalle stagioni precedenti - nelle quali il mare sporco si riteneva fosse il prezzo da pagare per il record di presenze sulla costa, che metteva sotto una esagerata pressione un inadeguato sistema di smaltimento di reflui e immondizie - nell’anno del Covid 19 si scopre che forse il turismo intensivo non c’entra affatto o, se c’entra, c’entra solo in minima parte.
Sì, perché, fanno notare i villeggianti di Parghelia, ben sei strutture turistiche, causa crisi economica da coronavirus, non hanno aperto i battenti. E il turismo intensivo del passato, nell’anno domini 2020, non c’è. E allora? Indice puntato sul sistema di depurazione che serve Parghelia, ma anche le vicine Zambrone e Tropea. Indice puntato, soprattutto, sui torrenti.
E come il La Grazia, al confine con Tropea, già a febbraio attenzionato dalla Procura di Vibo (che ha scoperto una bomba ecologica proprio in prossimità di un impianto di depurazione), anche a Marina di Bordila- ben due chilometri di costa già minacciati, rileva l’Autorità di bacino regionale, da una erosione record, con «punte di arretramento fino a 40 metri» e solo in parte arginate da una serie di interventi a protezione della costa - è un corso d’acqua a svelare l’origine del problema.
I militari della Guardia costiera, ricevuta la segnalazione, hanno sfidato la calura estiva risalendolo fino al territorio di Daffinà di Zambrone, acquisendo indizi interessanti in relazione al malfunzionamento del depuratore. Insomma, quei corsi d’acqua che non riescono più a trasportare quel materiale solido naturale che dovrebbe aiutare il ripascimento della costa e quindi salvarla, si trasformano nel grande male. Non bastassero gli zozzoni che negli alvei gettano ogni cosa, creando le precondizioni per gravi fenomeni di dissesto idrogeologico - disastrosi quelli tra ottobre 2010 e marzo 2011 - ecco i reflui non depurati.
L’avevano detto i villeggianti: occhio ai depuratori, a chi li gestisce e a come vengono gestiti. E l’ufficio del procuratore Falvo (in foto), che sin da subito ha mostrato una straordinaria attenzione sui reati ambientali e per la tutela delle bellezze naturali e paesaggistiche oltre che della salute pubblica, indaga. Indaga e, grazie alla Capitaneria di Porto, che in questi ultimi anni s’è dimostrata anche un ufficio di polizia giudiziaria di prim’ordine, conta di chiudere il cerchio presto, molto presto.