Che cos’è la fede se non un’irreprimibile fiducia nel futuro? Tra le sensibilità che cambiano in tempi di distanziamento sociale, anche soprattutto quella religiosa. Tanto che l’intervista del Pontefice al quotidiano La Repubblica rilancia con forza l’appeal del Papa sulle coscienze intristite, allarmate e confuse del gregge “Italia”. Laddove, per gregge, c’è da intendersi evangelicamente la metafora della comunità dei fedeli, più o meno osservanti.

 

Una preghiera antica

Già nei giorni scorsi la foto di Bergoglio che si recava a pregare a piedi in due chiese, Santa Maria Maggiore e a San Marcello al Corso, storicamente care ai romani in tempi di pestilenze, era diventata virale in breve tempo, restituendoci questa figura in chiave intima, paterna, lontana anni luce dalla severità e dal rigore gesuitico che accompagna ogni agire dell’Apostolo. «Ho chiesto al Signore di fermare l’epidemia: Signore, fermala con la tua mano. Ho pregato per questo», rispondeva Francesco al vaticanista di Repubblica Paolo Rodari. Una risposta umana e accessibile, proprio come le altre risposte (foto: Il Messaggero).

 

Ritrovare la concretezza

«Dobbiamo ritrovare la concretezza delle piccole cose, delle piccole attenzioni da avere verso chi ci sta vicino, famigliari, amici - sottolineava il Papa-. Capire che nelle piccole cose c’è il nostro tesoro. Ci sono gesti minimi, che a volte si perdono nell’anonimato della quotidianità, gesti di tenerezza, di affetto, di compassione, che tuttavia sono decisivi, importanti. Ad esempio, un piatto caldo, una carezza, un abbraccio, una telefonata... Sono gesti familiari di attenzione ai dettagli di ogni giorno che fanno sì che la vita abbia senso e che vi sia comunione e comunicazione fra noi».

 

Basta comunicazione virtuale

«A volte - aggiungeva infine Francesco - viviamo una comunicazione fra noi soltanto virtuale. Invece dovremmo scoprire una nuova vicinanza. Un rapporto concreto fatto di attenzioni e pazienza. Spesso le famiglie a casa mangiano insieme in un grande silenzio che però non è dato da un ascolto reciproco, bensì dal fatto che i genitori guardano la televisione mentre mangiano e figli stanno sul telefonino. Sembrano tanti monaci isolati l’uno dall’altro. Qui non c’è comunicazione; invece ascoltarsi è importante perché si comprendono i bisogni dell’altro, le sue necessità, fatiche, desideri. C’è un linguaggio fatto di gesti concreti che va salvaguardato. A mio avviso il dolore di questi giorni è a questa concretezza che deve aprire» (fonte: www.vaticannews.va.it).