Nella sua forma più attuale, il sistema neo liberale del capitalismo assoluto ha trovato nella progressiva digitalizzazione di ogni processo, sia politico, che economico, che sociale il suo più prezioso alleato. Attraverso la connessione perenne, i social di massa ed il controllo ossessivo di ogni cittadino, ogni principio di convivenza solidale è stato infatti smaterializzato e virtualizzato, arrivando alla creazione di tanti consumatori chiusi in una non-realtà, all’interno della quale si sta progressivamente perdendo ogni identità culturale. Non penso che sia esagerato definire questo nuovo modello apertamente come una tecno dittatura, che troverà la sua realizzazione nella progressiva creazione di un distopico neofascismo tecnologico. È sotto gli occhi di tutti come lo Stato venga sempre più ridotto ad una macchina burocratica non solidale, che non è capace di redistribuire equamente le risorse e che non è capace di politiche di welfare capaci di tutelare soprattutto le famiglie.

Paradossalmente la famiglia tradizionale, che apparentemente viene difesa, diventa la vittima principale della estrema destra tecnologica, pensiero che ha nella lotta di classe dei ricchi contro i poveri una delle sue ragioni di esistenza. Ma chi si sente rappresentato dalla fazione politica opposta non deve sentirsi al sicuro, perché il bacino ideologico di riferimento è sempre identico: il mercato senza regole al di sopra della legge ed il denaro, o il debito pubblico, come unici principi regolatori della vita degli individui. Sia a destra che a sinistra, lo Stato è stato delegittimato, svuotato di sovranità e gli è stata lasciata intatta la sola feroce funzione repressiva, sempre esercitata contro i deboli.

Il nostro Paese, da culla della democrazia e dello stato di diritto, si è schierato in prima linea nella emanazione di politiche repressive e guerrafondaie, che si sono rivelate più estreme di qualsiasi programma dei partiti di estrema destra europei. Basti pensare che Alice Weidel, leader della Afd, ha definito lo Stato italiano repressivo, invasivo della privacy e non garante dei diritti basilari. Non so se abbia ragione, però è un dato di fatto che, in pieno sfregio alla Costituzione, quello che sembrava impossibile è diventato possibile: sono stati emanati i decreti sicurezza, si sono superficialmente sospesi i diritti di cittadinanza durante la pandemia, è stato dato il pieno supporto acritico alle guerre, si è rimarcata la vicinanza ai dittatori peggiori, si è stretta la mano ad un personaggio ambiguo come Netanyahu, si è addirittura messo su un volo di Stato un carnefice e si sono costruiti campi di detenzione in Albania. A parte qualche tiepida reazione politica, questi principi e queste norme illiberali sono state condivise da quasi tutti i rappresentanti politici, anche perché, se non di facciata, non esiste una opposizione al capitalismo digitale senza Stato, ma solo diversi gradi di obbedienza.

Vi chiederete magari cosa c’entra Papa Francesco. Da ateo posso dire che il Papa è un eroe, un uomo che resiste a tutto questo degrado, un uomo che rifiuta la riduzione dell’essere umano ad un algoritmo, e lo fa opponendosi nel senso del ribelle descritto da Jünger. L’identità fa paura alla tecnocrazia, perché se una persona possiede una forte identità è meno in balia degli eventi, e non viene monetizzata da un algoritmo in nome del profitto a tutti i costi. Fino a qualche anno fa non avrei pensato di dirlo, ma il Papa rappresenta un vero simbolo identitario, una voce forte in un modello di società che vuole appiattire ogni forma di identità in nome della mercificazione totale dell’essere umano. Bergoglio, argentino come Maradona, anche da papa non ha mai, neanche per un minuto, smesso di essere un uomo del popolo, dimostrandosi sempre più di una stazza superiore, lontano anni luce dal freddo cinismo politico di Woytila (responsabile in prima persona della guerra in Jugoslavia) e lontano anche da un papato teologico come quello di Ratzinger, affascinante si, ma anche un po' fuori contesto storico e politico.

Il Papa ha detto sempre No. Ha detto No alle guerre, ha parlato chiaramente di interessi economici nella fornitura di armi all’Ucraina, ha chiamato genocidio il massacro di Gaza, senza appiattirsi alla sottomissione generale a Israele, ha criticato fortemente la macelleria sociale degli ultimi governi ed ha resistito ad i peggiori attacchi che ha subito, sia da destra, che da sinistra, che dalla stessa curia, noto covo di serpi. Un cattolicesimo nuovo, che opera una resistenza culturale che supera la tanto osannata resilienza (termine gentile di chiamare la sottomissione moderna al potere) del nichilismo della società del consumo che si vuole sostituire a Dio.

Papa Francesco incarna una delle poche istituzioni di massa capaci di fare opposizione alla smaterializzazione dell’individuo, e lo fa attraverso la difesa della solidarietà come valore fondante di una società più giusta. La sua non è una solidarietà vuota, ridotta a slogan, ma un’azione antagonista concreta, che si oppone all’individualismo sfrenato e all’erosione dei legami comunitari appiattiti dal digitale. Il papa osa dove pochi oggi, almeno in Italia, hanno il coraggio di osare; non è schiavo dei sondaggi, non ha bisogno di rincorrere le cancellerie per compiacerle e la sua non ossessione per il potere lo rende libero. La parte della chiesa più oscurantista, quella vicina storicamente alle frange eversive del mondo bancario, gli ha scatenato di tutto attraverso una propaganda feroce, ma lui è rimasto fermo e saldo sulle sue posizioni, dimostrando, attraverso il coraggio, di essere un grande uomo, prima che un grande papa.