Era una mattina identica a quella di ieri quella in cui, 19 anni fa, Tonino Maiorano – operaio idraulico forestale, incensurato, sposato e padre di due figli – veniva freddato, senza coscienza, da killer ingaggiati da una locale consorteria mafiosa, in faida coi reggenti di un clan rivale per il controllo criminale del territorio.

Vittima dei colpi esplosi da chi, ignorante anche dell’ambito malavitoso, lo ha scambiato per il capobastone Giuliano Serpa, esponente di spicco dell’omonima cosca che, all’epoca, imperversava sul fazzoletto di terra compreso tra il mare e la montagna paolana, condizionando – insieme agli affiliati dell’organizzazione avversaria – ogni attività.

Come ebbe a dire nel 2017 l’allora vicesindaco Antonio Cassano (ufficiale della Guardia di Finanza): «Tonino Maiorano non era al posto sbagliato nel momento sbagliato. Perché quello in cui si trovava era il suo posto di lavoro. Era al posto giusto al momento giusto»; lo stesso posto in cui ogni cittadino si trova quando vive nella normalità.

L’appuntamento si è tenuto alle 11.00, sotto lo stadio comunale “E. Tarsitano” (luogo del delitto), ed ha visto una folta cornice di cittadini presenti dinnanzi la targa marmorea che ne ricorda l’involontario ma fondamentale sacrificio, un monito sotto al quale ha preso la parola Chiara Maiorano, figlia della vittima, il cui intervento ha fatto da prologo a quello del presidente del consiglio comunale, Mattia Marzullo, del sindaco Giovanni Politano e del consigliere Renato Vilardi, collega del malcapitato e testimone del suo omicidio.