Avrebbe rubato scarpe e vestiti dal valore di 500 euro danneggiango con una pinza i dispositivi antitaccheggio. La 41enne e il suo compagno, ora agli arresti domiciliari, saranno processati per direttissima
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Furto aggravato in concorso. Con questa accusa i militari dell’Aliquota Radiomobile del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia Carabinieri di Rende hanno tratto ieri in arresto in flagranza di reato un uomo e una donna residenti a Paola.
La 41enne è la figlia di Nella Serpa, la prima 'lady 'ndrangheta' finita dietro le sbarre in regime di 41 bis, il carcere duro inflitto ai mafiosi, e il 44enne è il suo compagno.
Secondo la versione dei militari, i due sarebbero stati sorpresi a danneggiare con una tronchese i dispositivi antitaccheggio collegati ad alcuni capi di abbigliamento e calzature. Il fatto è avvenuto all'interno di un negozio del centro commerciale Metropolis di Rende, alle porte di Cosenza.
Gli uomini delle forze dell'ordine hanno proceduto quindi ai controlli di rito e hanno rinvenuto altra merce nascosta, dal valore di circa 500 euro, sottratta precedentemente in almeno altri tre negozi dell'ipermercato.
La refurtiva è stata restituita immediatamente ai legittimi proprietari, mentre la tronchese è stata posta sotto sequestro. I due ladruncoli, invece, una volta espletate le formalità burocratiche, sono stati condotti presso le proprie abitazioni, dove rimarranno reclusi in regime di arresti domiciliari in attesa del processo, che avverrà per direttissima.
Chi è Nella Serpa
Nella Serpa, soprannominata "Nella la bionda", è ritenuta dalla magistratura una pericolosa esponente di mafia, a cui sono stati attribuiti anche omicidi, tentati omicidi ed estorsioni. Arrestata nel marzo del 2012, la donna ha mostrato tutta la sua freddezza quando, pochi giorni dopo la carcerazione, ha perso un figlio in un incidente stradale senza mai mostrare, almeno apparentemente, il benché minimo segno di dolore per l'accaduto. La sua attività criminale, in quei giorni, non avrebbe subito nessun rallentamento, tanto da costringere la procura a disporre il suo trasferimento nel carcere di massima sicurezza a L'Aquila per evitare che continuasse a impartire ordini e dirigere gli affari di famiglia anche da una fredda cella di un penitenziario.