Mimmo Formaro del gruppo Le Lampare: «Dopo 12 anni dalla chiusura stiamo avendo grandi risultati, per la prima volta si aprono servizi invece di chiudere»
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«È il 19 novembre 2020, sono le ore 12: i cittadini di Cariati hanno appena occupato simbolicamente il piano terra dell’ospedale». E un simbolo, quell’occupazione, lo è diventata davvero. Il simbolo di un popolo che non si rassegna in un territorio che invece rassegnato un po’ lo è per quei tanti problemi che sono andati stratificandosi negli anni, un torto dopo l’altro, privazione su privazione. Un territorio spogliato, spolpato, immobile spesso.
Perché certi diritti, quando vengono sottratti, col tempo ci si può scordare anche di averli e si fatica a credere che una volta andati possano tornare indietro. Soprattutto se sono passati anni. Tanti. Poco meno di dodici, nel caso di Cariati.
Un luogo che intere generazioni di un intero territorio portano marchiato sulla propria carta d’identità, alla voce “nato a”. Perché c’è stato un tempo in cui a Cariati la vita iniziava e perfino dalla più grande e importante Rossano in tante venivano a partorire qui. Poi, invece, Cariati è diventato luogo di morte.
Perché qui è morta la sanità pubblica e con essa il diritto alla salute dell’intera area. Un’area fatta di paesi e paesini imboscati nell’entroterra, distanti da tutto e tutti, o assiepati lungo la Statale 106 il cui essere strada principale non è garanzia di celerità nei collegamenti. E non lo è di tanto altro.
L’inizio della fine ha la forma di un numero: il 18. Numero 18 è il decreto firmato dall’allora presidente della Regione Giuseppe Scopelliti, datato 22 ottobre 2010 e pubblicato sul Burc del 16 novembre 2010: “Approvazione delle tre reti assistenziali G.01 ospedaliera; G.04 emergenza-urgenza; G.02 territoriale”. Il decreto disponeva il «processo di riconversione» di 18 ospedali.
Dieci anni dopo, ecco quella voce che accompagna le immagini di lenzuoli bianchi con le scritte rosse e verdi apposti come vessilli di una battaglia già in corso da tempo ma la cui eco da questo momento rimbalzerà da un angolo all’altro d’Italia e non solo.
«Non ci muoveremo da qui fino a quando non avremo delle risposte immediate e concrete. Vogliamo: un piano straordinario per la sanità pubblica, assunzioni del personale sanitario, gli investimenti nella strumentazione. Vogliamo l’inserimento nella rete ospedaliera. Basta allo strapotere delle cliniche private. Da qui non ci muoviamo fino a quando non avremo di nuovo il diritto alla salute».
La voce, diventata ormai familiare anche a chi non lo conosce, è quella di Mimmo Formaro. Attivista di lungo corso del movimento “Le Lampare Basso Ionio cosentino” e voce narrante di una lotta dura per il diritto alla salute. O alla vita, come hanno scritto su uno dei lenzuoli. Una battaglia che ha guadagnato gli onori delle cronache grazie alla determinazione di cittadini stanchi ma non rassegnati stretti sotto l’ombrello dei Comitati uniti per il Vittorio Cosentino.
«Dopo 12 anni la lotta sta dando grandi risultati. Per la prima volta si aprono servizi invece di chiudere». La voce è sempre quella di Mimmo Formaro, un anno, tre mesi e qualche vittoria dopo. «L’anno scorso abbiamo ottenuto 10 posti letto in più nella Rsa medicalizzata». Oggi sono in corso i lavori per attrezzare la struttura di altri 10 posti a cui se ne aggiungeranno subito altri 10 per l’attivazione del Covid hospital. «Dovrebbe arrivare anche una Tac – dice Formaro – ed è un enorme passo avanti perché questo strumento non c’era neanche quando l’ospedale era ancora aperto».
È stata l’Unità di crisi della Regione Calabria a individuare Cariati tra le tre strutture da destinare a Covid hospital per fronteggiare l’emergenza in atto. Una settimana fa il sopralluogo dell’Asp che ne certificava l’idoneità e subito dopo l’avvio dei lavori per attrezzarla in breve tempo. «Noi lo avevamo detto già un anno fa che il nostro ospedale poteva servire a questo scopo e non abbiamo mai capito perché si preferissero presidi come quello di Rossano con reparti già in sofferenza», sottolinea Formaro. Oggi, finalmente, gli occhi giusti si sono puntati sul posto giusto. Inaugurando un percorso che rende più solido il terreno su cui camminano le speranze dei cariatesi e dei loro vicini di casa.
«Il passaggio a Covid hospital è importantissimo – dice Formaro – perché è un passo avanti concreto verso quello che chiediamo da tempo: il reinserimento del nostro presidio nella rete ospedaliera per acuti. Una richiesta alla quale si unirà a breve anche il Consiglio comunale di Cariati che, su impulso delle minoranze e assieme agli altri Comuni del territorio, ha deciso di sostenere e dare forza a questa istanza. Sicuramente noi vediamo questa destinazione a Covid hospital come preludio alla riapertura in qualità di ospedale di zona disagiata, così come ci ha garantito il presidente della Regione e commissario alla Sanità Roberto Occhiuto nell’incontro che abbiamo avuto alla Cittadella».
Di fatto, l’attivazione del Covid hospital significa – oltre ai nuovi posti letto – nuove strumentazioni (come la Tac), il potenziamento di reparti come la Radiologia e il Laboratorio analisi, l’arrivo di nuovo personale. Nell’attesa della terra promessa: il piano operativo – il cui iter dovrebbe iniziare a marzo e terminare entro maggio – che dovrà sancire l’inserimento dell’ospedale di Cariati nella rete per acuti. Tra i Comitati uniti per il Vittorio Cosentino c’è fiducia. La determinazione, invece, non è mai mancata. E non è stata inutile. La meta, stavolta, forse è davvero vicina. Glielo auguriamo, ce lo auguriamo tutti.