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Lamezia terra di frontiera a cui avvicinarsi significa ricadere nel raggio d’azione dei clan e dover essere costretti ad avere a che fare con le loro richieste. Accadeva anche ai giostrai che si recavano in città per le consuete fiere patronali.
Lo raccontano le pagine dell’ordinanza dell’operazione "Nuove Leve". Quasi 300 pagine di resoconti, intrecci, intercettazioni che disegnano un quadro preoccupante di Lamezia. Quella che ne emerge è una città messa a ferro e fuoco dalle estorsioni e un’organizzazione, quella dei Giampà, estremamente organizzata, meticolosa e determinata.
Ai giostrai della fiera di Sant’Antonio nel 2012 il pizzo venne chiesto con un calcolo fatto in base ai metri quadri occupati dalle loro strutture. Cinquanta euro a metro quadro più biglietti gratis per gli affiliati il prezzo fissato. La direttiva, racconta il pentito Giuseppe Giampà, arrivò da dietro le sbarre. A darla fu Antonio Voci che chiese prima il consenso dello stesso Giampà ed affidò l’azione a Marco De Vito. A riscuotere furono però Pasquale Catroppa e Alessandro Torcasio detto il Cavallo che raccolsero anche la preghiera di De Vito di non chiedere il pizzo ad un banco di sedie a sdraio.
Le bancarelle non erano infatti risparmiate. Gli affiliati si dividevano la fiera e riscuotevano ottanta euro dai banchi più piccoli e 120 da quelle più grandi.
Tiziana Bagnato