Due delle 5 aziende sequestrate nell’ambito dell’operazione “mala pigna” sorgono in un’area acclusa recentemente alla seconda zona industriale del Corap e, sebbene si occupassero di smaltimento di materiale ferroso, sono state autorizzate in deroga ad effettuare le loro lavorazioni. È la scoperta fatta al Comune all’indomani del blitz dei carabinieri forestali che ha fatto scoprire, nel sottosuolo di diversi terreni agricoli, l’interramento di rifiuti pericolosi con indici di inquinamento almeno 6.000 % oltre il consentito.

«Questa zona – afferma il sindaco Aldo Alessio mostrando la planimetria dei luoghi dove hanno sede le aziende – era destinata originariamente alla piastra del freddo, ovvero per attività legate al settore agro alimentare, poi è stato dato il via libera ad attività diverse che però avrebbero dato vita ad un inquinamento su cui ora vogliamo vederci chiaro, per capire se chi doveva fare i controlli li ha fatti».

Risulta zona Corap, la porzione di territorio in cui avrebbero avuto la base logistica le 5 aziende che avevano proiezioni al Nord e tenevano contatti con la Cina, ma, per capire meglio quest’altro altolocato “favore” di cui potrebbe aver beneficiato la rete sgominata la Dda di Reggio Calabria, bisogna percorrere una strada interpoderale, che solo sulle carte è un’arteria di servizio alla zona industriale.

Diciannove arresti, 29 indagati in tutto, in un trust che gli uomini del clan Piromalli – le aziende secondo gli inquirenti erano di prestanome riconducibili all’imprenditore Rocco Delfino – avrebbero tentato di proteggere anche tramite l’avvocato Giancarlo Pittelli, pure lui arrestato.

Non le solite illegalità da sfasciacarrozze, quelle scoperte in un’area di almeno 20.000 mq intorno alle aziende collegate ai Delfino che secondo il pentito Cosimo Virgilio avrebbero avuto contatti anche con gli uomini dei servizi segreti.
Terreni agricoli, a pochi metri da una zona industriale che chiamare forzata è dire poco, che sarebbero diventati capolinea pure del traffico di fanghi dell’industria siderurgica.
Gioia Tauro scopre quest’altro abuso, quest’altro incastro burocratico – in cui è stata autorizzata un’attività di smaltimento rifiuti in una zona industriale degradata e non finita - che sembra favorire i clan.