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“Si lavora senza fretta ma puntando ad un risultato di qualità”. Così il capo della Procura distrettuale antimafia di Catanzaro, Nicola Gratteri, nel corso della conferenza stampa indetta per illustrare i dettagli dell’operazione che ha condotto al sequestro di tre società riconducibili a Pasquale Arena nipote di Nicola Arena, ritenuto vecchio capo clan dell’omonima cosca. Beni per un valore di 350 milioni di euro tra cui figura anche il parco eolico di Isola Capo Rizzuto in provincia di Crotone. “Oggi capitalizziamo il risultato di una strategia concordata tra la Procura di Catanzaro e i vertici della Guardia di Finanza – ha spiegato Gratteri – e che rientra in un complessivo programma di contrasto alle mafie. D’ora in poi non ci potranno più essere arresti di esponenti della ‘ndrangheta che non siano seguiti o accompagnati dal sequestro dei beni. L’idea è alla base del protocollo condiviso tra la Procura distrettuale e la Guardia di Finanza”.
Il procuratore Gratteri ha poi ripercorso le fasi sfociate poi nel maxisequestro di oggi: “È accaduto che nel corso degli anni – ha chiarito - e più volte in televisione ho assistito ad approfondimenti riguardanti il parco eolico che sembrava una sorta di tela di Penelope: sequestrato, poi dissequestrato a pezzi. Così abbiamo deciso di predisporre un accertamento con i vertici della Guardia di Finanza organizzando un gruppo ad hoc che si è interessato alle misure di prevenzione. Si tratta di un’indagine difficile perché ha riguardato diversi paesi d’Europa, dove erano stati occultati i capitali riconducibili in particolare a Pasquale Arena”.
Luana Costa