I fratelli sono accusati di concorso in estorsione ai danni dell’allora gestore del Lido degli Aranci al centro di un accordo fra i clan di Portosalvo e le cosche Anello e Lo Bianco
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Si sono costituiti in carcere fratelli Antonio e Sante Tripodi – di 56 e 47 anni – ritenuti elementi di spicco dell’omonimo clan di Portosalvo sfuggiti il 21 luglio scorso al fermo dell’operazione antimafia della Dda di Catanzaro denominata “Imponimento” e quindi alla successiva ordinanza di custodia cautelare. Ieri mattina Sante Tripodi e Antonio Tripodi si sono presentati direttamente a Catanzaro nel carcere di Siano ponendo così fine al loro stato di irreperibilità. Nell'inchiesta, ricordiamo, è rimasto coinvolto tra gli altri anche Francescantonio Stillitani, 66 anni, ex assessore regionale ed ex sindaco di Pizzo.
I due fratelli, che hanno già scontato una condanna in via definitiva per associazione mafiosa rimediata al termine dell’operazione “Lybra”, sono accusati di concorso in estorsione aggravata dalle modalità mafiose. In particolare, in concorso con l’altro fratello Domenico Tripodi ed esponenti del clan Lo Bianco-Barba (Paolino Lo Bianco, il fratello Domenico Lo Bianco, Vincenzo Barba, Filippo Catania) avrebbero compiuto atti estorsivi volti ad imporre ad Antonio Facciolo – gestore dal 2016 al 2018, attraverso la Golden Service srl della struttura turistica denominata “Lido Golfo degli aranci” a Bivona – la consegna di una somma di denaro. Anche Antonio Facciolo, docente di Filosofia, è rimasto coinvolto nell’inchiesta “Imponimento” in quanto ritenuto vicino al clan Anello di Filadelfia.
In particolare, mediante violenza e minaccia derivante dall’appartenenza alla criminalità organizzata, in virtù di pregressi accordi sarebbe stata attribuita inizialmente a Domenico Lo Bianco (e quindi al clan Lo Bianco-Barba) e poi direttamente ai Tripodi la competenza criminale a gestire l e pretese estorsive relative alla gestione del Lido degli Aranci, costringendo Antonio Facciolo a consegnare ai due clan il denaro richiesto a titolo estorsivo e, segnatamente: nell’anno 2016 tra gli 8 ed i 10mila euro; nell’anno 2017 10mila euro.
Vincenzo Barba avrebbe quindi preso a monte accordi con i Tripodi (ed in particolare con Antonio Tripodi) in ordine alla gestione delle pretese estorsive riguardanti la gestione della struttura turistica, stabilendo la ripartizione tra le due cosche di compiti e proventi. Domenico Lo Bianco avrebbe svolto l’incarico di sorvegliare la struttura, mantenere i contatti con la vittima e riscuotere il denaro (almeno fino all’estate del 2017). Domenico e Sante Tripodi avrebbero invece interloquito con Vincenzo Barba in ordine alla ripartizione dei proventi e, dall’estate del 2017 in poi, in ordine alla rimodulazione delle modalità esecutive dell’estorsione richiedendo ed ottenendo che le somme venissero erogate direttamente a loro dalla vittima.
Domenico Lo Bianco, Paolino Lo Bianco, Vincenzo Barba, e Filippo Catania avrebbero inoltre partecipato ad una riunione di ‘ndrangheta promossa dal boss di Filadelfia Tommaso Anello a tutela della vittima Antonio Facciolo. L’esito della riunione con Anello. Sarebbe stata così stabilita la restituzione delle chiavi di un immobile a Facciolo all’interno del Lido degli Aranci che sarebbe stato in precedenza occupato da Domenico Lo Bianco. Le somme di denaro a titolo estorsivo, inoltre, sarebbero state consegnate non più Domenico Lo Bianco ma ai Tripodi di Portosalvo. Le condotte delittuose contestate coprono un arco temporale che va dal 2016 sino al 21 agosto 2018.