Dopo due anni di intensa attività investigativa la Procura distrettuale Antimafia di Catanzaro è riuscita a colpire al cuore la famiglia Iannazzo e il clan satellite Cannizzaro-Da Ponte. L'operazione Andromeda eseguita all'alba di oggi dalla Squadra mobile di Catanzaro diretta da Rodolfo Ruperti con il supporto del servizio centrale operativo di Roma, del Gico e della Dia e che ha portato a 36 dei 45 provvedimenti cautelari firmati dal gip del Tribunale di Catanzaro Domenico Commodaro, rivela il potere di una cosca riconosciuta autonoma nel lametino capace di arrivare anche in Svizzera, Irlanda e di tessere rapporti con la 'ndrangheta Reggina, quella dei Pesce Bellocco e dei Mancuso di Limbadi. I particolari dell'operazione sono stati illustrati stamane nel corso di una conferenza stampa. "Abbiamo colpito la mafia imprenditrice. E' la terza cosca di Lamezia Terme che viene colpita -ha sottolineato il procuratore capo della Dda di Catanzaro Vincenzo Antonio Lombardo - la cosca di elite, che si concentrava sulle aziende. Dopo i clan Giampa' e Torcasio abbiamo colpito il clan Iannazzo, che di fatto obbligava imprenditori a pagare. Imprenditori che portavano direttamente i soldi a casa degli esponenti delle cosche e alcuni di loro erano anche pienamente collusi". Il maxi blitz ha scompaginato il clan del Lametino e ha riguardato come affermato dal procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri "varie parti dell'Italia proiettandosi anche all'estero. Un'attività importante e non ancora conclusa, resa possibile nonostante la carenza di organico, che non mi stancherò mai di ripetere. Adesso Lamezia ha la possibilità di ribellarsi allo strapotere della 'ndrangheta", ribellandosi con le denunce al giogo della 'ndrangheta".


Un'operazione di grande impatto che "ha toccato il tessuto di Lamezia Terme dove la presenza della ndrangheta è parecchio invasiva. Da domani – ha dichiarato Renato Cortese, direttore del Servizio centrale operativo della polizia - il cittadino di Lamezia non ha più alibi per dire che lo Stato non c'è. E spero che da oggi in poi gli imprenditori si presentino a denunciare le vessazioni". Spesso i Iannazzo facevano commettere estorsioni a imprenditori amici tramite i Giampa', facendo poi credere alle vittime che stessero mediando in loro favore. "Gli esponenti della cosca – ha aggiunto Rodolfo Ruperti, capo della Squadra mobile di Catanzaro - erano visti come un modello perché capaci di inserirsi in tutti i settori imprenditoriali. Avevano un grande peso tra le 'ndrine calabresi e coltivavano relazioni con i Mancuso, i Bellocco, i Pesce, i Tiare', i Mazzagatti". Nell'illustrare le fasi dell'indagine, Antonio Turi, capo della Dia di Catanzaro, ha approfondito alcuni elementi emersi: "Ci siamo occupati di evidenziare gli aspetti imprenditoriali della cosca Iannazzo, una vera e propria cosca imprenditoriale come l'ha descritta il gip, che non disdegnava in passato di far ricorso alle armi ma oggi ha scelto questa nuova connotazione. Addirittura dall'estero (dall'Irlanda, ndr),dove risiedeva Vincenzino Iannazzo, arrivavano tramite "pizzini" le indicazioni puntuali e precise sulle strategie imprenditoriali delle societa' a lui riconducibili".

 

Tra gli arrestati c'è anche l'imprenditore Francesco Perri, proprietario del centro commerciale due mari di Maida. Sarebbe stato proprio il noto imprenditore, ora accusato di associazione mafiosa, a tentare di fare gambizzare il fratello Marcello Perri per questioni di eredità. In manette fra gli altri il boss Vincenzo Iannazzo, il fratello Giovanni, un medico dell'aeroporto di Lamezia Raffaele Caparello che curava gli interessi della cosca. Agli indagati vengono contestati a vario titolo l'associazione a delinquere di stampo mafioso, una serie di estorsioni ai danni di imprenditori, episodi traffico d'armi, ma anche omicidi. In particolare è stata fatta luce sull'omicidio di Vincenzo Torcasio, all'epoca reggente dell'omonima cosca, ucciso nel maggio del 2003 davanti al commissariato di Lamezia Terme: il presunto killer, Gennaro Pulice, è stato arrestato in provincia di Alessandria.

 

La mafia imprenditrice


Nell'ordinanza di custodia cautelare, firmata dal gip del Tribunale di Catanzaro Domenico Commodaro su richiesta del pm distrettuale Elio Romano che ha portato all'arresto di 36 dei 45 indagati nella maxi operazione antimafia Andromeda viene ricostruita la temibile consorteria criminale dei Iannazzo, individuando i ruoli di vertice del sodalizio :Vincenzino Iannazzo detto "Il Moretto", Pietro Iannazzo, Francesco Iannazzo detto "Cafarone" e le alleanze costituite nel corso degli anni con le cosche Giampà e Nannizzaro – Da ponte. La Dia di Catanzaro che ha arrestato 8 dei 36 indagati collaborando all'operazione messa a segno dalla Squadra mobile di Catanzaro diretta da Rodolfo Ruperti, ha accertato che il capocosca Vincenzino Iannazzo, tramite alcuni indagati, che fungevano da prestanome, gestiva direttamente due aziende lametine, la Tirrena costruzioni srl e Cascina della Bontà, determinandone di fatto le scelte aziendali pur non risultando tra i soci. Tra gli arrestati spicca il nome di Raffaele Caparello, medico dell'Asl in servizio all'aeroporto di Lamezia Terme, che si prestava su richiesta dei Iannazzo a redigere certificazioni mediche attestanti patologie non veritiere trasmesse poi all'Inps di Lamezia Terme, che a sua volta erogava ad un'altra indagata, dipendente della società Tirrenia costruzioni le somme spettanti a titolo di indennità per malattia, per ottenere indebitamente i benefici previsti dalle leggi sul lavoro. Nel corso delle indagini , questa volta condotte dalla Dia nell'ambito dell'operazione antimafia Andromeda emerge la vicenda della mancata realizzazione di un centro commerciale della nota catena Lidl a Lamezia Terme, in località Savutano, area sotto il dominio della cosca Iannazzo. In particolare Pietro Iannazzo, 40enne e Caludio Scardamaglia, 43nne, entrambi raggiunti dall'ordinanza di custodia cautelare avrebbero dapprima costretto gli operai della ditta che si stava occupando dei lavori di sbancamento del terreno per la realizzazione del supermercato ad abbandonare i lavori e poi con minaccia aggravata dal metodo mafioso, avevano indotto l'imprenditore aggiudicatario dei lavori di abbandonare l'iniziativa imprenditoriale sul terreno in questione che successivamente viene ceduto proprio a Scardamaglia. 

 

 

Gabriella Passariello