Malapianta, Gratteri e le indagini sui clan di Cutro: «Mai così tante prove»

VIDEO | Tra i particolari emersi dalle carte dell'operazione della Guardia di finanza che ieri ha portato all'arresto di 35 persone appartenenti alla locale di 'ndrangheta dei Mannolo, anche il timore reverenziale nei confronti del procuratore di Catanzaro definito «un morto che cammina»

 

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di Rossella  Galati
30 maggio 2019
16:03

Temeva le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e metteva in discussione l’operato della magistratura, in particolare del procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri apostrofato con locuzioni ingiuriose, responsabile di una incisiva azione giudiziaria. La locale di ‘ndrangheta di San Leonardo di Cutro, nel crotonese, facente capo alla famiglia di Alfonso Mannolo, sgominata grazie all’operazione Malapianta, condotta dalla Guardaia di Finanza di Crotone e coordinata dalla Dda di Catanzaro, paragonava il procuratore Gratteri  al giudice Falcone definendolo “un morto che cammina”. Nessun progetto omicidiario secondo gli inquirenti bensì una timorosa reverenza nei confronti del magistrato catanzarese. E’ uno dei particolari emersi dalle carte dell’operazione che ha portato all’arresto di 35 persone dedite al traffico di stupefacenti, estorsione, usura, aggravati dalle modalità mafiose, e al sequestro di beni per 30 milioni di euro.

Il dominio della 'ndrangheta

«Mai come questa volta, o come poche volte, si è riusciti ad arrivare a questo livello probatorio. Qua non stiamo parlando di gravi indizi di colpevolezza, stiamo parlando di prove – ha dichiarato il procuratore Gratteri -. Lì c’era un locale di ‘ndrangheta che controllava il respiro di quel territorio perché riusciva a controllare tutte le attività  tristico-alberghiere che sono la principale attività di quell’area, riusciva ad imporre non solo le estorsioni, alcuni di questi imprenditori infatti hanno pagato fino a 700 o 800 mila euro nel corso degli ultimi anni. Ma addirittura riusciva a imporre questa nuova forma di estorsione che esiste da un po’ di anni: i locali di ‘ndrangheta ad opera dei capi mafia impongono l’acquisto di prodotti». «Imporre beni, forniture, servizi e dipendenti, significa danneggiare le altre imprese – ha aggiunto Emilio Fiora, comandante provinciale Guardia di Finanza di Crotone -. Significa togliere la possibilità ad altre imprese di concorrere sullo stesso mercato. La ‘ndrangheta dà lavoro agli amici e ai parenti e costringe i nostri ragazzi ad andare via».


 

 

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