«Se Gratteri esagera fa la fine di Falcone». Le intercettazioni dell’inchiesta Malapianta

Gli indagati parlavano al telefono del magistrato. Per gli inquirenti le loro parole non celavano un progetto di morte ma esprimevano ammirazione e timore per l’azione del procuratore antimafia di Catanzaro

di M. S.
29 maggio 2019
14:04
Nicola Gratteri
Nicola Gratteri

Temevano le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia la cui scelta veniva da loro giudicata «vergognosa» e temevano anche gli inquirenti di Catanzaro. Contro di loro si sprecavano le ingiurie e il procuratore capo, Nicola Gratteri, veniva accostato, nei loro commenti, a Giovanni Falcone. È quanto emerge dalle indagini della Dda di Catanzaro sfociate nell'operazione Malapianta di oggi che ha portato al fermo di 35 persone (QUI I NOMI).


Particolarmente significativa è la conversazione intercettata tra Remo Mannolo Franco Falcone, Gaetano Crivaro (quest’ultimo dal fermo non risulta indagato) veniva discusso l’operato della magistratura e nello specifico la direzione del procuratore capo Nicola Gratteri apostrofato – come si legge dall’ordinanza - con locuzioni ingiuriose («questo è un figlio di puttana»), responsabile dell’incisiva azione giudiziaria. Remo Mannolo, riportava ai colloquianti, con sarcasmo, le parole di Gratteri, il quale, aveva sostenuto sue media la «sfida era appena iniziata».
Nel corso della conversazione la figura Gratteri veniva accostata a quella di Giovanni Falcone, definendolo «morto che cammina», ossia un uomo consapevole dei pericoli insiti nella propria attività.



Quindi proseguivano la conversazione, paragonando il procuratore di Catanzaro a Falcone, quest’ultimo colpito per avere «superato il limite». «Però te la posso dire una cosa. Io sono convinto che lui ne fa arrestare di cristiani però nella mente sua .. . (ride). guaglio uno di questi... uno... na botta... uno di questi è ad alto rischio ogni secondo!! un morto che cammina!!! ma lui lo ha detto. pare che non lo ha detto!!io lo so che cammino con la morte sempre sulle spalle! eh… Falcone come è stato. quando ha superato il limite !! se lo sono cacciato!!!».

La parte finale della conversazione riguardava il luogo di domicilio del Procuratore celato per ovvi motivi di segretezza. «Ma questo dove abita...? a Catanzaro?». «Ma questo ha tutti posti segreti. cosi!!». «Vabbè volendo. lo scoprono!!».

 

Come ben specificato dal fermo di indiziato di delitto si tratta di considerazioni che non contemplavano alcun concreto progetto omicidiario ai danni del procuratore Gratteri. Il dialogo era innescato dalla semplice considerazione che il magistrato in aveva intrapreso una incisiva azione repressiva di carattere giudiziario e, per tale ragione, inviso alle associazioni criminali.


Come evidenzato dagli inquirenti ,emerge pure che la cosca aveva una fortissima capacità di controllo e monitoraggio del territorio per avvistare “presenze sospette” di veicoli e soggetti appartenenti alle forze dell’ordine. I componenti della consorteria criminale erano anche in grado di ottenere informazioni sulle operazioni di polizia imminenti attraverso un'oscura rete di fonti e connivenze ed effettuavano regolarmente attività di bonifica per il rilevamento di microspie o per eludere le attività di intercettazione dei finanzieri.

 

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