Dopo un anno di attesa sono state depositate stamane al Tribunale di Catanzaro le motivazioni della sentenza di condanna a dieci anni di reclusione del collaboratore di giustizia Gennaro Pulice con l’accusa di essere stato la mano che uccise nel 1996 il fotografo lametino Gennaro Ventura, sparito e ritrovato in un casale diroccato nel 2008.


Poco tempo fa era stato l’avvocato di famiglia Italo Reale a dare voce alla famiglia, pochi giorni fa, invece, la vicenda era finita in un una nota rubrica del Tg5.

 

Gennaro Ventura, fotografo, carabiniere in congedo, scomparve nel nulla a Lamezia Terme il 16 dicembre del 1996. Anni e anni di ricerche, di buio totale fino al ritrovamento nel 2008 in un casolare abbandonato, con ancora accanto l’attrezzatura da lavoro, il cellulare, la fede nuziale e altri oggetti personali. Visibile a chiare lettere sulla borsa da fotografo il suo nome.

 

Un ritrovamento che restituì un corpo su cui piangere. I funerali furono un bagno di folla. Finalmente qualcosa si era smosso, ma mancavano ancora i colpevoli. Si dovette aspettare l’operazione Andromeda affinché il pentito Gennaro Pulice si autoaccusasse del delitto.

 

Il mandante, invece, sarebbe stato Domenico Canizzaro, deciso a punire l’ex carabiniere per avere portato all’arresto, quando era nell’Arma, di un suo familiare. Poi il processo in Corte d’Assise, la condanna e l’inizio di un nuovo limbo per i familiari di Gennaro Ventura.