Prima di procedere con un nuovo processo, bisognerà eseguire una perizia psichiatrica per valutare la capacità di Evangelista Russo di affrontare il dibattimento ma soprattutto per comprendere se fosse capace di intendere e volere al momento dell'omicidio di Francesco Rosso. È quanto ha deciso oggi la Corte d'Assise d'Appello che ha disposto l'affidamento di una perizia psichiatrica al professor Rolando Paterniti, dell'Università di Firenze, propedeutica alla celebrazione del processo di secondo grado.

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La condanna di primo grado

Evangelista Russo è stato già condannato dalla Corte d'Assise alla pena dell'ergastolo riconosciuto quale mandante dell'omicidio di Francesco Rosso, giovane ucciso nell’aprile del 2015 a colpi di arma da fuoco all’interno della macelleria di famiglia a Simeri Crichi, in provincia di Catanzaro. Pene pesanti erano state inflitte anche ai presunti fiancheggiatori e agli esecutori materiali: ergastolo per Francesco Mauro, dipendente di Russo e per Antonio e Gregorio Procopio accusati di aver eseguito i sopralluoghi e i pedinamenti nei giorni precedenti all’assassinio. Una pena a 24 anni di reclusione è stata invece inflitta a Vincenzo Sculco.

Incapace di intendere e volere

La decisione della Corte fa seguito al deposito di una corposa documentazione da parte della difesa di Evangelista Russo (avvocati Pietro Funaro e Massimo Scuteri) che attesterebbe l'incapacità dell'imputato di affrontare il processo di secondo grado e che metterebbe anche in dubbio la sua capacità di intendere e volere al momento dell'omicidio.

Le motivazioni della sentenza

Secondo quanto ricostruito dalla Corte d'Assise, Evangelista Russo è stato riconosciuto il mandante dell’omicidio di Francesco Rosso a causa «dei conflitti e i profondissimi dissapori con la famiglia Rosso e, in specie, con Antonio, padre della vittima risalenti nel tempo, sfociate anche in reciproche aggressioni fisiche». Russo commissionando il delitto di Francesco Rosso avrebbe soddisfatto «la sua vendetta mentre i suoi complici hanno agito per motivi prettamente economici. Russo nutriva profondo odio nei confronti di Antonio Rosso, che nel corso degli anni non aveva celato sicché scegliendo di colpire il figlio ha arrecato al suo nemico un dolore altrettanto enorme raggiungendo il suo unico obiettivo».

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Alla richiesta di una perizia psichiatrica si era opposto sia il procuratore generale che le parti civili, rappresentate nel processo dagli avvocati Nunzio Raimondi, Piero Mancuso, Manuela Costa, Claudia Macrì.