Diceva di esse dispiaciuto Evangelista Russo della morte di Francesco Rosso, ai microfoni di "Chi l'ha visto": «Caspita se mi dispiace, è come un figlio. È cresciuto dietro casa mia. Io non c'entro nulla». Proprio lui che avrebbe premeditato e accuratamente organizzato l'omicidio del macellaio 35enne di Simeri Crichi, figlio del suo vicino di casa Antonio, con il quale vi era da circa 30 anni un clima di profonda inimicizia. Antichi rancori sfociati in una violenta aggressione nel 1999 in seguito alla quale Evangelista Russo riportò dei segni permanenti al cranio. Da lì la sete di vendetta e il tentativo nel 2003 di uccidere Antonio Rosso, un tentativo fallito per il malfunzionamento dell'arma utilizzata.

 

Liti di vicinato e gelosie professionali, questo il movente del delitto confermato dalle dichiarazioni di Danilo Monti, tra gli esecutori materiali del delitto finito in carcere nel settembre scorso. Ieri si è chiuso il cerchio dunque con l'arresto di Evangelista Russo e Francesco Mauro, quest'ultimo dipendente e factotum di Russo nella sua ditta di tornitura che, su disposizione del suo datore di lavoro, aveva commissionato l’esecuzione dell’omicidio a Monti per un cifra di 30mila euro, fornendogli anche l’arma del delitto. E intanto la comunità non ha mai smesso di chiedere giustizia per Francesco come dimostrano gli striscioni che ancora oggi rimandano a quel tragico 14 aprile 2015 sui quali lo stesso Evangelista, come si legge nell'ordinanza, faceva ironia. «Ma questi scemi qui.. questo manifesto qua.. se lo tengono per croce. Qualche giorno ci mettono anche il padre..».

 

 

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