Un avvocato integerrimo, un enfant prodige dell’avvocatura, ma anche un uomo tenuto sotto tiro, minacciato, guardato a vista. Sono questi alcuni degli elementi emersi dalle carte dell’inchiesta che ha portato all’arresto di Marco Gallo quale esecutore materiale dell’omicidio di Francesco Pagliuso.

 

Episodi inquietanti e che gettano nuova luce su come sia difficile in Calabria portare la toga. Come ad esempio quando, durante la latitanza di Daniele Scalise, Pagliuso sarebbe stato condotto dal padre di questo, Pino, in un bosco dove ad aspettarli avrebbero trovato Giovanni Vescio, Francesco Iannazzo e Daniele Scalise. Un incontro raccontato da Pagliuso alla sorella e durante il quale sarebbe stato aggredito e minacciato per non avere difeso in maniera adeguata Daniele Scalise in alcuni procedimenti penali.

 

Ad intervenire per evitare il peggio l’intervento di Pino, padre di Daniele. Pochi giorni dopo Pagliuso era in aula a Cosenza proprio a difendere Daniele Scalise. In quell’occasione Giovanni Vescio e Francesco Iannazzo, si sarebbero posizionati alle spalle di Pagliuso durante la sua arringa, con «un chiaro atteggiamento intimidatorio».

 


All’indomani dell’omicidio avvenuto nel bar di Decollatura, con la morte di Vescio e Iannazzo, i rapporti tra Pagliuso e gli Scalise si sarebbero inaspriti. L’assunzione della difesa dei Mezzatesta non sarebbe affatto piaciuta agli Scalise, tanto da indurre Pino Scalise a presentarsi allo studio invitando l’avvocato a prestare molta attenzione «poiché "...loro, quelli di là..." , lo pedinavano in occasione degli incontri che lo stesso legale intratteneva con il latitante Mezzatesta Domenico». Incontri che secondo la sorella dell’avvocato Pagliuso non si sarebbero però mai verificati in quanto avrebbero ricevuto notizie tramite Luigi Aiello.

 

E’ nell’estate del 2015, un anno prima della sua morte, che Francesco Pagliuso sarebbe venuto a conoscenza da parte di Domenico Mezzatesta di essere stato inserita in una “lista nera”redatta proprio dagli Scalise e dalle famiglie Vescio e Iannazzo. Tre le persone da eliminare: Luigi Aiello, Domenico Mezzatesta e Francesco Pagliuso.

 

A determinare la condanna a morte del giovane avvocato potrebbe essere stato il ricorso avanzato da Pagliuso alla Suprema Corte Cassazione per conto di Domenico e Giovanni Mezzatesta e che portò ad una rimodulazione della condanna originaria. Ma non solo Durante l’arringa Pagliuso avrebbe fatto «nomi, cognomi e collegamenti tra le varie famiglie coinvolte ed in particolare gli Scalise, Vescio e Iannazzo e del loro interessi su taluni appalti per la costruzione della super strada del Medio Savuto».

 

A preoccupare Pagliuso era però anche Marcello Perri, in causa con la famiglia Perri che veniva difesa proprio da lui. «L'ottima strategia difensiva del professionista consentiva di ottenere il sequestro di diversi beni del Perri Marcello – si legge - In ultimo, circa due settimane prima del suo omicidio, Pagliuso era riuscito a far sospendere, dal Tribunale di Lamezia Terme, il titolo esecutivo per la
consegna della somma di 800 mila curo da parte di Perri Pasquale in favore del fratello Marcello».

Dopo  la vittoria Pagliuso avrebbe confidato riferendosi a Marcello Perri: «questa volta mi ammazza davvero».