VIDEO | A cinque anni dal delitto del noto avvocato penalista lametino lo sfogo di Antonella Pagliuso: «Ho perso la guerra perchè ho perso mio fratello, ma le battaglie vanno combattute e la verità va sempre cercata» (ASCOLTA L'AUDIO)
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«Ciò che mi amareggia è quella mancanza di sana indignazione che avrebbe, invece, dovuto animare le persone per bene che ci sono sulla nostra terra». Antonella Pagliuso, sorella di Francesco, noto avvocato penalista ucciso a Lamezia Terme il nove agosto 2016, come sempre non ha peli sulla lingua. La raggiungiamo al Premio Muricello di San Mango, nel quale è stata destinataria di una Menzione speciale.
Dal primo giorno, da quando venne ritrovato il corpo del fratello riverso nella sua auto all’entrata di casa, manda indietro le lacrime e spinge avanti la determinazione, quella di riuscire a garantirgli giustizia. E se Francesco Pagliuso con la sua morte è la rappresentazione plastica dei valori e delle prassi della ‘ndrangheta più bruta e arcaica, il tessuto sociale o, semplicemente, umano, anziché ribellarsi, si sfoga la sorella, avrebbe preferito la strada del silenzio.
Le sue parole sono come pietre, ma anche come monito a chi pensa che far finta di nulla o girarsi dall’altro lato possa servire a cancellare quel cancro che divora la nostra terra. «Mi amareggia tanto dopo cinque anni essere considerata “un diversamente umano”. Io sono, invece, un essere umano sano e ogni essere umano sano non può accettare che qualcuno gli imponga il silenzio. Davanti a cattiverie di questo tipo bisogna alzare la testa, bisogna andare avanti, bisogna combattere e lo dice chi la guerra l'ha persa».
«Io ho perso la guerra certamente – aggiunge - perché ho perso la persona a me cara nella vita, ho perso mio fratello. Per quante battaglie io potrò combattere purtroppo non tornerà, ma comunque le battaglie vanno combattute e la verità va sempre cercata. Io non ho mai avuto paura della verità sulla storia di mio fratello e, quindi, ho combattuto e continuerò a combattere fino a che avrò la forza per farlo. Soltanto chi ha paura della verità non combatte, abbassa la testa, fa finta di nulla, evita di salutarti, abbassa la testa o ti sorride nascondendosi nella speranza che qualcun altro non l'abbia visto».
«Spero – ammette Antonella Pagliuso - che tutto questo nel tempo cambi, io ho combattuto da sola ma mi auguro che le battaglie come la mia servano da esempio affinché gli altri riescano a sorridere a persone diversamente umane come noi».
Per l'accusa formulata dalla Dda sia Pino che Luciano Scalise, "quali capi dell'omonima cosca ed in qualità di mandanti” avrebbero commissionato l’omicidio di Francesco Pagliuso a Marco Gallo perché lo ritenevano responsabile di aver agevolato e favorito il capo della cosca rivale Domenico Mezzatesta, sia nel processo che nella latitanza. Gli Scalise sono stati condannati all’ergastolo, mentre per Marco Gallo il processo è in corso. Così come sarà sempre in corso per Antonella la ricerca di qualcosa che possa lenire il dolore e giustificare quanto accaduto.