Anche l’omicidio di Nicolas Green, il bimbo americano freddato da un colpo di pistola il 29 settembre del 1994 sull’A3, al centro delle dichiarazioni di Andrea Mantella nel corso del maxiprocesso Maestrale-Carthago in corso nell’aula bunker di Lamezia Terme dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia. Un delitto per il quale è stato condannato in via definitiva all’ergastolo Michele Iannello, 56 anni, di San Giovanni di Mileto (attuale collaboratore di giustizia), mentre ha scontato la pena a 20 anni Franco Mesiano, 51 anni, di Calabrò (frazione di Mileto), attualmente detenuto e sotto processo proprio in Mestrale-Carthago per rispondere di associazione mafiosa.

Il collaboratore di giustizia Andrea Mantella, nel corso del controesame condotto dall’avvocato Francesco Calabrese, ha raccontato la proprio “verità” sull’omicidio di Nicolas Green.

«Sono stato detenuto nel carcere di Cosenza insieme al mio braccio-destro, Francesco Scrugli, ed a Michele Silvano Mazzeo di Mileto – ha spiegato Mantella – e all’interno della cappella del carcere ho conosciuto anche Francesco Mesiano, condannato per l’omicidio di Nicholas Green. In particolare, Mesiano si trovava detenuto nella stessa cella con Francesco Scrugli e per me Mesiano in relazione all’omicidio del bambino americano è innocente. Per tale delitto Franco Mesiano – ha aggiunto il collaboratore – è stato “venduto” per 50 milioni di lire per non mandare in galera, per l’omicidio di Nicholas, Nazzareno Prostamo di San Giovanni di Mileto. Ricordo in ogni caso che Franco Mesiano nel carcere di Cosenza aveva la dote mafiosa della camorra o dello sgarro ed insieme alla sua famiglia esercitava il monopolio nella distribuzione del pane ai supermercati non solo di Mileto ma anche di Vibo Valentia grazie ad un’alleanza con Leoluca Lo Bianco, detto U Rozzu, che mi viene cugino ed era vicino al mio gruppo, a Nicola Lo Bianco ed a Salvatore Lo Bianco, detto U Gniccu, che si occupavano anche loro del monopolio del pane».

Leoluca Lo Bianco è deceduto il 24 maggio scorso dopo essere stato condannato in Rinascita Scott a 12 anni per associazione mafiosa, mentre Salvatore Lo Bianco e Nicola Lo Bianco sono stati condannati nello stesso processo a 10 anni e 8 mesi. Per Salvatore Lo Bianco martedì scorso è stato chiesto anche l’ergastolo quale autore dell’omicidio di Filippo Piccione a Vibo. Sollecitato dall’avvocato Francesco Calabrese a riferire come mai Andrea Mantella nei verbali non avesse mai parlato prima d’ora del delitto Green, il collaboratore di giustizia ha invece garantito di averne parlato all’inizio della propria collaborazione, precisando di aver rilasciato oltre mille pagine di dichiarazioni e lasciando intendere che la gran parte è ancora coperta da segreto investigativo e non è mai stata depositata in alcun processo. Si tratta così anche per le dichiarazioni concernenti l’omicidio di Nicholas Green? Sul punto il Tribunale – accogliendo i rilievi del pm Andrea Buzzelli – ha però invitato il difensore ad andare oltre, non trattandosi di argomenti ricompresi nel capo di imputazione ed in ogni caso si tratta di un fatto omicidiario (l’omicidio di Nicholas Green) coperto da una sentenza passata in giudicato che ha accertato la responsabilità penale in via definitiva di Michele Iannello (ritenuto l’autore della sparatoria) e di Francesco Mesiano (ritenuto alla guida dell’auto che ha inseguito quella della famiglia Green in autostrada scambiandola per quella di un gioielliere).

Michele Iannello e il delitto Green

Vero è che anche nel maxiprocesso Rinascita Scott si è parlato dell’omicidio del bimbo americano. Nell’udienza del 2 marzo 2021, infatti, Michele Iannello, nel corso del controesame da parte dell’avvocato Michelangelo Miceli, aveva dichiarato di «non aver preso parte all’omicidio di Nicolas Green insieme a Francesco Mesiano. Sono stato condannato ingiustamente – aveva affermato Iannello – e per tale fatto ho sempre detto a tutti i magistrati che si poteva invece sospettare di mio fratello. Non conosco nessun collaboratore che ha scontato 20 anni di carcere. La Giustizia a me non ha regalato niente e se non collaboravo, forse uscivo prima dal carcere. Non sono stato io ad uccidere Nicolas Green, nè Francesco Mesiano».

Assolto in primo grado dal delitto Green, condannato in Appello all’ergastolo con sentenza confermata in Cassazione e rigetto a Salerno dell’istanza di revisione e poi, nel maggio 2010 del ricorso straordinario alla Suprema CorteMichele Iannello è tra i collaboratori di giustizia più importanti in Calabria, avendo dato un contributo di tutto rilievo per capire gli assetti criminali di Mileto e della Piana di Gioia Tauro nello storico processo nato dall’operazione “Tirreno” della Dda di Reggio Calabria. Arrestato nel 1993 proprio nell’operazione “Tirreno”, coordinata dall’allora pm della Dda di Reggio, Roberto Pennisi, e scarcerato dal Riesame dopo alcuni mesi, Iannello ha iniziato la collaborazione con la giustizia nell’aprile del 1995. Non si è però mai accusato dell’omicidio del piccolo Nicolas. La sua credibilità è stata certificata, oltre che dalla sentenza “Tirreno”, pure da quella per l’omicidio di Pietro Cosimo, un pregiudicato di Catanzaro eliminato dal gruppo di San Giovanni di Mileto su mandato dei “Gaglianesi”, guidati dal boss Girolamo Costanzo.

Per tale ultimo delitto sta scontando l’ergastolo Nazzareno Prostamo (cognato di Michele Iannello), cioè la stessa persona che ora il collaboratore Andrea Mantella indica come coinvolto nel delitto Green ma che sarebbe stato “salvato” con 50 milioni di lire (il collaboratore non ha specificato a chi sarebbe stata consegnata tale somma) ed al suo posto avrebbe scontato ingiustamente la pena Franco Mesiano. Andrea Mantella “giura” quindi, dal canto suo, sull’innocenza di Francesco Mesiano per il delitto Green (per averlo appreso dallo stesso durante un comune periodo di detenzione), ma pure le sue rivelazioni si scontrano con una sentenza passata in giudicato che racconta ben altra verità processuale.