Ha preso il via il processo sugli omicidi dell’imprenditrice di Limbadi e di Angelo Antonio Corigliano. La Procura: «Per quattro mesi l’imputato ha rifiutato i ricoveri in altri ospedali»
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Aveva il visto stanco, emozionato, un po’ teso, ma composto come sempre, Vincenzo Chindamo nel giorno in cui ha preso il via il processo che vede imputato l’uomo accusato di aver preso parte al brutale omicidio di sua sorella Maria Chindamo, rapita e uccisa a Limbadi il 6 maggio 2016 e il cui corpo è stato poi dato in pasto ai maiali e i resti distrutti con la fresa di un trattore.
Al termine dell’udienza Vincenzo Chindamo non nasconde il peso emotivo del processo che andrà ad affrontare: «Abbiamo iniziato, c’era una grande tensione da parte mia, sono sicuro che sarà un percorso certamente difficile, impegnativo, sia dal punto di vista giuridico che da un punto di vista umano ed emotivo». Presenti oggi erano anche amici e l’associazione Libera rappresentata dal referente regionale Giuseppe Borrello. Vincenzo Chindamo, assistito quale parte civile dall’avvocato Nicodemo Gentile, ha raccontato che già da ieri sera ha ricevuto messaggi e attestati di solidarietà e questo, ha detto, «ci fa sentire sempre meno soli e ci conforta veramente tanto».
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Gli omicidi del processo Maestrale
È stata un’udienza breve e interlocutoria quella che si è tenuta questa mattina davanti alla Corte d’Assise di Catanzaro, presieduta da Massimo Forciniti. Si contemplano gli omicidi contestati nel maxi processo Maestrale. Uno di questi è quello di Maria Chindamo per il quale è accusato Salvatore Ascone, 58 anni, il quale avrebbe compiuto il delitto in concorso con l’ex suocero della Chindamo, Vincenzo Punturiero (deceduto) il quale avrebbe commissionato il delitto perché imputava il suicidio del figlio alla separazione che questi aveva avuto da Maria Chindamo.
Ascone avrebbe partecipato avendo interesse, in proprio e in qualità di referente di Diego Mancuso, ad acquisire il terreno dell’imprenditrice.
Altro delitto contemplato è quello di Angelo Antonio Corigliano, ucciso a Mileto il 19 agosto 2013.
Imputati sono Giuseppe Mazzitelli, 34 anni, Salvatore Pititto, 56 anni, e Domenico Iannello, 47 anni. Mazzitelli sarebbe stato ucciso per un regolamento di conti, per vendicare la morte di Giuseppe Mesiano.
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Il trasferimento di Salvatore Ascone
Nel corso dell’udienza di questa mattina il difensore di Ascone, l’avvocato Salvatore Staiano, ha sollecitato la Corte a trasferire Salvatore Ascone dal carcere di Secondigliano alla casa circondariale di Catanzaro perché l’uomo deve essere sottoposto urgentemente a un intervento chirurgico all'ospedale Pugliese essendo «affetto da una patologia che potrebbe portarlo alla morte».
Il presidente Massimo Forciniti ha spiegato che la Corte già dall’otto marzo ha acconsentito a dare il nulla osta per il trasferimento. Il pm Annamaria Frustaci ha poi spiegato che, per quattro mesi, Ascone ha rifiutato i ricoveri nelle strutture indicate dalle case circondariali nelle quali era detenuto perché voleva essere operato dal suo medico di fiducia. In questi quattro mesi le condizioni di salute sono peggiorate. La Procura comunque non si è opposta al trasferimento.
L’avvocato Staiano ha accusato l’inerzia della casa circondariale e chiesto un sollecito perché venga dato seguito al trasferimento.
L’udienza è stata poi seguita da un’eccezione di nullità relativa alla notifica della chiusura indagini. La Corte ha aggiornato il processo all’11 aprile prossimo.